05 novembre 2007
Un giro di Linzer.
25 ottobre 2007
La torta delle beffe.
A guardarla vien da fare non proprio slurp, ma bleah. E di bleah si tratta. Bleah hanno fatto i miei figlioli quando hanno sollevato il tovagliolo che pietosamente vi avete apposto sopra per celarne la vista e occultarla al loro primo momento di distrazione. Bleah ha fatto la scrivente quando cercando con maestria di togliere il dolce semicrudo da quell'odioso stampo di silicone, che Dio l'abbia in gloria. Ho cercato, disperatamente di darle un aspetto cristiano, umano, quasi, commestibile, normale, insomma. E, beffa delle beffe, non è mica un dolce complicatissimo, di quello che ci vuole la tal farina macinata a pietra, il tal sale di Nonsodove, il tal zucchero del mar dei Caraibi, il tal burro semisalato e semilavorato. Mannò. Fatto sta ed è che l'esotica torta cocco e cioccolato, signori miei, eccola qua, ve la presento, squacciata, spiaccicatissima e semicruda, orrenda nel suo essere intrinseco, il gusto non male, in verità vi dico, ma un delirio da mangiare, col cucchiaino e nelle coppette, se no è il cane che si nutre, dacchè le briciole cadono a destra e a manca, e i miei figli mi dicono No Grazie Mamma Sono Sazio, e se ne vanno con una scusa, Ma Come, tuono io, Non Vi Avevo Insegnato Che non Ci si Alza da Tavola?????? Deh, lasciali andare, donna. Lasciali sciamare festosi verso le loro umile stanzette. E tu, fedifraga, confessa. E io, in ginocchio, confesserò. La torta immortalata quissù è...è...è...una Tentazione Cameo. Una torta pronta. Quelle che sanno fare anche gli scemi. Di quelle che nello spot vengono sfornate dalla mamma appena tornata dalla miniera, o appena sbarcata da Cape Canaveral, ero su Marte, sapete com'è, ma ho ancora voglia di farvi una torta. E quella, la torta, esce fuori sofficissima e buonissima e i bambini se la sbafano belli sereni. Bene, quindi. Sono pronta. Che il castigo divino, meritatissimo, si abbatta pure sul mio capo chino. Così orando, moriva. Con ancora briciole di cioccolato attaccate alle povere vesti.
21 ottobre 2007
Che male c'è.
13 ottobre 2007
Do you know cassoeula?
Viene da dire, yes please. In tempi di sushi e sashimi, signora mia bella, le cose più semplici hanno un suono così inusuale e dire, Stasera faccio la Cassoeula risulta, e che glielo dico a fare, piuttosto snob. Così, com'è, come non è, ecco approntarmi per la cena di questa sera, appunto, aiutata dalla Princi che mi ha scattato questa istantanea, spiegandole che, se una vuol proprio essere oca e non trova nessun accessorio, vanno benissimo le foglie più esterne del cavolo verza adoprate alla bisogna in guisa di ventaglio. Il risultato, eccolo qui. Ma la ricetta della cassoeula, detta anche ragò, ma soltanto nella parte più estrema dell'Oltrepadania, da ove io provengo? Ecco, vado tosto ad illustrarvela.
E' un piatto non proprio leggerissimo. Una volta a stagione, si può fare.
Servono le puntine di maiale.
Le carote.
Il sedano.
La cipolla bianca.
Olio.
Il cavolo verza. Che dovrebbe aver preso la prima gelata, ma di questo passo, se avessi aspettato la prima gelata lo avrei cucinato verso febbraio e non andava bene.
Un cucchiaino abbondante di immancabile Saporita.
Che dire del procedimento.
Si piazzano le puntine nel soffritto e, bagnandole vieppiù con del brodo, si fanno cuocere. A dieci minuti dallo spegnimento del tutto si aggiungono con grazia le foglie del cavolo verza, spezzettate a mano, si è raccomandata Mia Mamma, chè tagliarle è un sacrilegio.
Una scuola di pensiero aggiunge un sguincio di superconcentrato di pomodoro e due chiodi di garofano. A piacer vostro.
A me sembrerebbe buono.
Dirovvi la faccia dei commensali, di tutto, tuttissimo rispetto.
E il mio Sposo, vista l'immagine disse Ma Sembri Una Geisha!
Sì. Col cavolo.
11 ottobre 2007
Di ricotta e di pepite.
Tutto per 3.
300 di farina, di zucchero e di ricotta.
3 uova.
Le pepite, a piacer vostro, madamigella.
E bentornata a corte.
03 settembre 2007
Dessert a vela.
E va bene. Ben poco ho cucinato in questi mesi di vacanza, presa com'ero dalle orde di figlioli e ospiti e amici, e ospiti di amici e amici degli ospiti che sono transitati dalla mia magione estiva. O meglio sì, cucinare ho cucinato, ma chi aveva l'ispirazione di riportare il tutto? Ieri sera, verso l'imbrunire, sul finire di una giornata all'insegna della vela tranquilla, vento poco ma sole magnifico, che la cambusa, cara mia, è agli sgoccioli come le vacanze, tutti si aveva voglia, dopo un piatto di fusilli al pomodoro, di un dolcetto, di uno sfizio, di una cosa un pò trasgressiva. Così, cacciata la testa in ognuno di quesi magnifici sportellini in cui si stiva con maestria ogni genere di scorta alimentare e/o di sostentamento, null'altro ho rinvenuto che un pacco di biscotti a metà e un barattolo di Regia Nutella. Detto, fatto. Ben poco so, ancora, della vita di mare. E' stata la mia prima estate, in fondo, ho imparato per esempio, che la caffettiera col caffè avanzato non si lascia in bella mostra sui fuochi, chè alla prima bolina essa si rovescia, o meglio, cade sul pavimento e da lì esplode sui candidi cuscini, macchiandoli in maniera quasi incorreggibile. In più, ho anche capito che a bordo, un insulso cracker con un cucchiaino di maionese può essere classificato tra il più lussuoso degli appetizer. Percorrendo questa ideologia, ecco che nasce il dessert di questa sera. Ingredienti:n.2 biscotti Oro Saiwa
n. 1 cucchiaino di Nutella.
Procedimento:
tuffare il cucchiaino nel barattolo di Regia Nutella, estrapolandone una quantità media, nè troppa nè troppo poca.
Spalmarlo con delicatezza in uno dei due biscotti, facendo attenzione a non uscire dai bordi.
Applicare il secondo biscotto con chirurgica precisione, producendo una leggera pressione che faccia fuoriscire una minima quantità di ripieno, che si intravedrà anche dai buchini del biscotto medesimo.
Servire subito.
Un dessert davvero speciale, semplice, di grande effetto, soprattutto alla fonda in una baia mozzafiato e col tramonto che, se ti sporgi un pochino, puoi quasi toccarlo. Declinabile però anche per i pomeriggi di novembre, le mattine di febbraio, le sere di maggio e via dicendo.
Nella ricetta non è indicato la leccata del cucchiaino al termine dell'operazione. Ma come, ve lo devo dire io?
03 agosto 2007
Welcome bread.
Indicazioni per il pane.
280 ml di acqua
1 cucchiaio di olio di oliva
1 cucchiaino di sale
1 cubetto o una bustina di lievito
Al primo bip, aggiungere il rosmarino.
Un bel nastrino, una conchiglia, un tovagliolino coi coralli e voilà.
10 luglio 2007
Perdono.

Ma come ho potuto. So che privare la blogosfera delle mie preziose ricette improbabilissime ma di sicuro successo, è stato davvero un errore imperdonabile. Mi rifarò. Mi sto già rifacendo. In un giorno ventoso, che non si andrà al mare ma si starà a casa a scialarsi e a sperimentare nuove ricette, imploro umilmente la clemenza della corte. Non succederà più. Il mondo non può fare a meno di Santa Polenta. Son cose che, una volte assunte, non si dimenticano più. Evvai, di ricette, quantunque.
29 aprile 2007
Falsa come Giuda.
19 aprile 2007
Il paese dei lìmoni.
E poichè non è farina del mio sacco, la ricetta non la copierò. Al massimo, la prossima volta, vi offrirò un caffè. Sdilinquito quanto basta.
26 marzo 2007
Il bastone e la carota.
Voilà, la ricetta.
5 uova
250 gr farina autolievitante
250 gr zucchero aromatizzato alla vaniglia*
250 gr carote
100 gr mandorle macinate finemente
80 gr olio di semi
80 gr gr di latte
mandorle e pinoli a lamelle
250 gr farina autolievitante
250 gr zucchero aromatizzato alla vaniglia*
250 gr carote
100 gr mandorle macinate finemente
80 gr olio di semi
80 gr gr di latte
mandorle e pinoli a lamelle
12 marzo 2007
Basta il pensiero.
Cosa ci vuole per codesta scelleratezza:
180 gr di burro
125 gr di zucchero a velo
3 uova
180 gr di farina
30 gr di mandorle
mezza bustina di lievito
5 arance non trattate
125 gr di zucchero semolato
Si monta il burro con lo zucchero, ci si mette la farina le uova e a seguire tutti gli ingredienti. Sembra di una facilità esagerata. Di fatto lo è.
Ma allora, dove ho sbagliato?
07 marzo 2007
Carciofi, oh yes!
06 marzo 2007
L'ammutinamento del Bounty.
Va bene, il titolo è un pò altisonante, ma perchè non trattarsi bene, eccheccavolo, possiamo per una volta esagerare un pochino? Il Bounty, poi, e lo dico per quei 4 o 5 avulsi che non lo sanno, è quanto di più scelleratamente e esoticamente buono che si possa mai reperire negli scaffali del super. Cocco, signora mia, cocco fresco, non proprio quello che vende il tipo in calzoncini sulle spiagge, ma quasi. Altra precisazione. Questa ricetta non è mia. E' un regalo. Cito la fonte perchè si sa, ho amiche molto suscettibili, ed è meglio non cercarsi grane. Essendo poi autorevolissima fonte, come potrei esimermi. Il Domestic Bounty, come spesso succede, batte 7 a 0 quello industriale. Scioglievolissimo e straordinario, da occultare assolutamente se si è in regime di dieta ipocalorico, e/o iperproteica, e/o da fame-fame, quella che ti fa sentire le voci. Ecco la ricetta, arrivata fresca fresca con la posta di stamattina, mannò, signora mia, non con Ettore il postino, ma tutto le devo insegnare?
Per 30 pezzi di Bounty:
85 g zucchero
50 g burro
200 ml panna liquida
200 g farina di noce di cocco
300 g cioccolato (fondente, al latte o bianco)
Al Palazzotto, si fa così:
"Sciolgo in una casseruola lo zucchero, il burro e la panna e lascio bollire 5' o fino a che lo zucchero si è completamente sciolto. Tolgo dal fuoco e unisco la farina di cocco. Stendo il composto su un foglio di carta da forno ad un'altezza di ca. 1,5 / 2 cm (lato lungo ca 18 cm) e dò una forma rettangolare. Pongo in frigo e lascio almeno un'ora. Sciolgo il cioccolato a bagnomaria.
Tolgo dal frigo il composto di cocco almeno 30' prima di immergerlo nel cioccolato, altrimenti il cioccolato non rimane "attaccato" al cocco. Taglio il cocco a quadrati (3 cm lato) o bastoncini rettangolari regolarizzando la forma con una spatola (ehm...io non l'ho regolarizzata granchè...). Li immergo nel cioccolato e pongo in frigo fino a completo rassodamento."
C'è altro da aggiungere? Sembra di no. E comunque, diciamolo pure, tanto serpi queste amiche non sono! Grazie, Luisa.
28 febbraio 2007
Oh, cozza!!!
Eccredevàte che avessi lasciato qui il mio SantaPolenta, lacero e scalzo, per seguire sogni di gloria, non è così?
Eccredevàte che non vi avrei più allietato/rattristato con le mie assurde esercitazioni culinarie, eh?
Bene benissimo, non è affatto così. Solo, stasera mi sono esercitata male, o meglio, il mio esercizio non è proprio venuto come doveva. Diciamo che, non proprio da Ciofeca's Day, ma insomma, ci siamo vicinissimi. Dove ho sbagliato non so, doveva essere un piatto semplice e veloce, in realtà non ho neppure ripassato la ricetta, me la ricordavo come me l'avevano spiegata ad Anacapri, Signurì, si fa in un minuto, e io , la signurì, in un minuto ho fatto una schifezza. A tavola hanno apprezzato dapprima il profumino invitante, grazie tante, aglio e prezzemolo danno una garanzia. Poi hanno guardato storto quelle non aperte, e quelle aperte male, e poi gli avulsi animaletti, troppo cotti, forse, lessati, mi pare, tutti avvolti su loro stessi, tristi e rassegnati, grigiolini, rinsecchiti un pochino, filamentosi, immangiabili. E poi lì a fioccare i No Grazie, e i Non Ho Fame. Alla fine, si son fatti un panino al prosciutto. Insomma una sconfitta. Anche il gatto le guardava di sbieco, sospettoso. Fine dell'esperimento. Nel mondo degli umani, se è l'umano ad esser cozza, si sa, si fa fatica a trovar marito. Potevo forse io cambiare una legge di natura?
16 febbraio 2007
Orsù, ragù!
Ho avuto per così dire il mio bel daffare. Non già in senso culinario. I miei menù di questi ultimi giorni consistevano perlopiù in vezzeggiativi: minestrine, spremutine, purèini che non si dice ma che cosa importa, verrà mica il signor Zingarelli a controllare? Insomma, coi figlioli malaticci non è che una possa propriamente darsi alla pazza gioia in cucina. Però, per dare loro una sferzata, considerando anche che stasera riede l'Universitario, dopo una settimana densa di esami e studio matto e disperatissimo (!), ho pensato di preparare il Gran Visir di tutte le mie pietanze, il Signore e Padrone della tavola domenicale, l'Amante della Lasagna ma che non disdegna neppure il Fusillo. Lui, Messer Ragù. Le mie origini emiliane non sono capitate a caso, sono campionessa mondiale di ragù, lo sanno anche i sassi. Ne preparo quantità diciamo importanti per avere la possibilità di darlo in dote settimanale all'Universitario quando, come la transumanza vuole, ritornerà alle sudate carte domenica sera. Nessun segreto. Carne macinata, scalogno, sedano, carota, alloro, sale e pepe. E prima di aggiungere la passata, un cucchiaino di Saporita. Forse il segreto è proprio questo. Ma a ben pensarci, questo qui che si accoppia con Lasagna e Fusillo, non è che mi è, come dire, biadesivo? Ohibò, già son peccatrice di mio, pure il ragù bisex mi doveva capitare! C'è solo sa sperare che Ruini non lo sappia mai! 04 febbraio 2007
Me gusta la lasagna.

Sì, va bene, le ho fotografate crude. E con ciò? Diciamo che metto le mani avanti. E se dovesse prendermi fuoco il forno? E se per caso si bruciassero? Così, nella loro assoluta crudità, ho immortalato le mie lasagne domenicali, nella mia teglia country, con il mio ragù da assoluto primato, chè mezza emiliana son, nessuno se lo scordi. E poi, cara la mia signora, ma mi vuole dire che razza di domenica sarebbe senza la lasagna? Che poi è una specie di brunch, il figliolo liceale è sveglio da un quarto d'ora ed è indeciso tra l'Ovomaltina e la lasagna di mammà. Arriveranno amici tra un pò e la domenica scorrerà via, tranquilla beata e senza troppo fronzoli, forse un film da qualche parte, ma è troppo brutto per uscire di casa. Ah, signora, io adoro queste domeniche di nulla fare, di camino e di chiacchiera. Venga anche lei più tardi, per il caffè, nelle tazzine con i fiorellini e i cucchiaini d'argento sul vassoio, che uso solo la domenica, che non lo sa, domenica è sempre domenica, e meglio un uccello in mano che cento che volano, mai lasciare il certo per l'incerto, e la lasagna si fotografa così com'è. Cruda, ancorchè.
27 gennaio 2007
Che gnocchi!
Questa straordinaria distesa di gnocchi rigorosamente fatti a mano, rigorosamente cosparsi di farina di semola, come la mia Amica mi ha insegnato, hanno costituito una parte del semplice menù della Cena a sei mani, svoltasi ieri sera. Certo, non son qui per dare la ricetta dei gnocchi (che poi si dice degli gnocchi, ma in Lombardia, signora cara che fa quella faccia inorridita, si dice dei e allora mi lasci andare avanti e non interrompa, lo so che è un errore di grammatica, ma io lo chiamo lombardismo e va bene così). A farli è semplice, meglio se in compagnia, e far scivolare la pasta sulla forchetta, per fare le righine, è un gesto che mi ricorda mia nonna, e per questo mi piace. Il condimento potrà essere, a scelta, un buon pesto, una salsina ai quattro formaggi ( sì lo so, è un sugo pronto, ma insomma, non ce la facevamo a fare tutto), e il mitico ragù. E' stato un vero trionfo. E dato che ho già fatto un errore di grammatica, stavolta mi lascio proprio andare e insieme all'errore ci metto anche un tocco di elegante, impercettibile volgarità: per fare dei gran gnocchi bisogna essere delle gran. Ah, signora mia, per una volta, c'è arrivata anche lei! 26 gennaio 2007
Spettacolare.

C'è ben poco da star lì a fare quella faccia. Va bene, si capisce lontano un chilometro, questa fotografia non l'ho fatta io e allora? Sì, lo so, faccio pietà, la foto delle frittatine a stella faceva paura e malinconia, lo so da sola, e con ciò? Son forse qui a voler dare lezione di fotografia a destra e a manca? Faccio per caso Doisneau di cognome? No, e allora, mettetevi il vostro bel cuoricino in pace, non imparerò mai. Ciò detto, veniamo alla torta. E' semplice e sarda. E t'ho detto tutto. E buona, buona, buona. Senza nemmeno lo spettro di un mezzo cucchiaino di burro e/o olio. Che di questi tempi, di tentativi scellerati di una parvenza di controllo calorico, direi che è puro lusso. In più, ho sperimentato con enorme successo una teglia di quelle gommose e mollicce, che mi ha regalato la mia amica Natalia, che delle torte è regina indiscussa. Il procedimento per la medesima torta è banale, come potrebbe essere diverso da così? E' tutto per 3.
3 uova
300 gr di zucchero
300 gr di farina
300 gr di ricotta
300 gr di farina
300 gr di ricotta
un limone grattuggiato
una bustina di lievito per dolci.
Fine delle trasmissioni. Si scelga una teglia consona all'evento e l'operazione torta di ricotta, in meno di mezz'ora di forno a 180 gradi, potrà dirsi felicemente conclusa.
Resta però, un dilemma. Come ripagare l'Esimio Fotografo, per aver immortalato con siffatta maestria la mia umile opera? Ma come, due le unità di misura: fette di torta e baci. E a multipli di tre, lo ben si ricordi.
25 gennaio 2007
Sì, vabbè.

Chi mai vorrò turlupinare? Giurin giurello, nessuno al mondo. Però, devo dire che questa pietanzina estemporanea, in questi giorni di casalinghitudine forsennata, mi ha dato la mia bella fettina di soddisfazione, non proprio l'ego a mille, ma giù di lì. Non molto distante da una frittata, non troppo vicina ad una torta salata. E infatti, udite udite, la frolla non c'è, cosa credevate. Spinaci e feta, cara la mia signora, mica stiamo qui a raddrizzar banane, sa? E uova e parmigiano, solo un ombra, per carità, che già la feta è così salata di suo, non lo sapeva? Se poi vuole dare un tocco di meraviglia all'insieme testè proposto (che non si dimentichi di infornare, a 180 gradi nel suo bel forno lindo e immacolato, per una ventina di minuti) beh, ci può fare le formine. Ma quale secchiello, e quale paletta, suvvia, non siamo mica a Spotorno! Lei faccia come le dico e vedrà che non si troverà male. Prenda le formine dei biscotti, a stelle e cuori, magari, le più graziose, meglio a cuori, per San Valentino, lei ha la faccia di una che lo festeggia con le rose. Va bene, prenda queste benedette formine e, raffreddata questa deliziosa tortina, ci faccia le forme che le piacciono di più. Suo marito potrà dire, Ma Sempre la Solita Frittata, ma lei, sagace, le metterà sotto il naso un trionfo di roselline e cuoricini da perderci il senno. Vedrà, vedrà.
18 gennaio 2007
Macchina per ...torte???

Un'emozione vera. Fare una torta con la Macchina del Pane, ma chi ci aveva mai pensato prima? Così, leggendo distrattamente il libriccino delle istruzioni, cercando tutt'altro, ecco che mi sono detta: le mandorle, le ho, le gocce di cioccolato, pure, lo zucchero di canna, lo stesso, che cosa mi impedisce di fare questa tortina leggera? Forse il fatto che non ho i canditi d'arancia, ma che fa, ho comprato una manciata di fialette, l'altro giorno, limone, amaretto, vaniglia, ci sarà pure l'arancia, no? E così, ficcata la testa nella dispensa e verificate le disponibilità di magazzino, via, sono partita. La torta è buonissssssssima, echevvelodicoaffare. Arancia e cioccolato, per il quale connubio farei davvero delle follie. Sì, va bene, dieta delle intolleranze, e niente farine e bla e bla e bla. Ma signora mia, dove c'è gusto non c'è perdenza e che male può avermi fatto una microfettina delle dimensioni di un uovo? Assaggiata io l'ho e mi sono fatta i complimenti da sola, specchiandomi nello sportello del forno. E a lei, la Macchina del Pane e delle Torte, un bacino sull'oblò. Ma aspetto un pò, che si raffreddi per bene.
E così, gli ingredienti, in rigoroso ordine di apparizione.
Torta arancia e cioccolato.
Latte 200 ml
2 uova
150 gr di burro ( ma la prossima volta ne metterò un pò meno)
200 gr di zucchero di canna
200 gr di farina 0
una bustina di lievito
1 pizzico di sale
100 gr di gocce di cioccolato
100 gr di granella di mandorle
75 gr di arancia candita, o una fialetta di aroma d'arancia.
Impostare sul programma dolci e non pensarci più, fino al bip.
13 gennaio 2007
Brioscè, olè.
Che notte, signora mia, che notte. Ieri sera, intorno alle 11, nessuna voglia di andare a dormire, pregustando un week end tranquillo all'insegna del Faccio Solo Le Cose che Mi Piacciono, ecco la folgorazione. Farò un pan brioche per la colazione di domani. Più facile a farsi che a dirsi, con la mia magica Macchina Del Pane, il cui acquisto ha determinato, insieme al Kitchen Aid, un bel salto di qualità per la mia cucina direi normale, fino a poco tempo fa, ed ora fantasmagorica, scintillante e scoppiettante di cose buonisssssssssime. Bene, il pane che ne è scaturito alle 1,30 circa ora locale, e che ha inondato la casa del profumo che si sente solo in prossimità delle pasticcerie, non ha nulla da invidiare al Brioscè del Mulino Bianco che si compra al super. Anzi, è più buono. Croccante fuori e sofficissimo dentro. Dato la delicatezza dell'operazione mi vedo costretta, mio malgrado, a dare le dose per filo e per segno, cosa che faccio raramente perchè non sono una cuoca, non ho voglia di esserlo, mi piace fare esperimenti e basta. Allora, si prenda la macchina del pane e la si disponga sul piano di lavoro. Dopodichè, avendo avuto cura di inserire la spina nalla corrente, disporre nel cestello e nell'ordine che segue gli ingredienti che vado ad illustrarvi testè:Una fialetta di aroma vaniglia.
180 ml di latte
120 gr di burro sciolto al microonde
2 uova
100 gr di zucchero
1 pizzico di sale
500 gr di farina Manitoba
1 bustina di lievito Mastro Fornaio o mezzo cubetto di lievito fresco.
Impossibile non riuscirci. E non fare un figurone al prossimo brunch, alla prossima colazione in famiglia, alla prossima cena cui sarete invitati e porterete trionfanti , con un bel nastro di raso, il vostro pan brioche.
La cosa impossibile per me è riuscire a fare delle belle fotografie. Ma dato che, oltre a non essere cuoca non sono nemmeno fotografa, in fondo mi accontento. Mio marito storcerà il naso e dirà che a fotografare sono una schiappa vera, io con un'alzata di spalla gli farò un bel sorriso e farò finta di niente. In fondo, il brioscè è buonissimo. Che cosa pretendere di più?
10 gennaio 2007
Con tutto il.

Beh, non si capisce mica tanto di che cosa si tratta. O meglio, si trattava. Una deliziosa torta fatta a cuore, ecco che cos'era. E dico era perchè qualcuno ci ha affondato il coltello prima ancora che io potessi immmortalarla, con la mia modesta dote fotografica. ma si intuisce, nevvero. E se ci si avvicina un pochino col naso allo schermo, si sente anche il profumo di agrumi. Essa, la torta, si chiama infatti Torta di Yogurt Leggera all'Aroma di Agrumi, e si fa pressappoco così.
Si sbattono con leggiadria 2 uova con 25o gr di zucchero, meglio se nel Kitchen Aid, signora mia, ma che glielo dico a fare, lei ha ancora il frullino che le ha regalato sua cognata Cesira per le nozze d'argento, donna poco evoluta. Poi, necessitano 350 grammi di farina, 1 bustina di lievito e un barattolino di yogurt, magro va bene, ma intero va bene uguale. E 30 grammi di zucchero a velo. Ma la vera meraviglia consterà nel grattuggiare un limone e un'arancia non trattati e di unirli bellamente al composto. Certo, dopo, questi frutti hanno un'aria tristanzuola e spelacchiata, ma che fa? In fondo è merito loro se la vostra torta, debitamente infornata a 180 gradi per 40 minuti, avrà un aroma d'agrumi da stordirvi. Gli agrumi, lo ben si sa, son frutti da amare. E mica solo per le spremute per la dieta, l'influenza e il mal di stomaco. Da amare proprio, incondizionatamente e per tutta la vita. E con tutto il cuore. Intero, se possibile.
07 gennaio 2007
La panetteria.

Non è mistero per nessuno. Possiedo una macchina per fare il pane. In realtà l'ho sempre guardata con un pò di diffidenza, pensvo si trattasse di una specie di aggeggio per persone un pò fissate, è così comodo comprare il pane in panetteria, mi dicevo, che gusto ci sarà mai a farselo da soli. Sbagliavo. Ignoravo. Non comprendevo. Qualche mese fa, ecco l'illuminazione. Da allora, signora mia, è tutto un fare pane e fare pane e pasta per la pizza e pane alle noci, e pane integrale e pane al farro, e pane al curry, insomma, il delirio. Mi riesce benissssssssssimo. Soprattutto quello alle noci, che si sposa benissimo con un'assiette di formaggi francesi. E ieri, ho sperimentato i suddetti formaggi con una ricetta di pane al cacao da perderci la testa. Matrimonio riuscitissimo. Ricette recuperate sul Sacro Testo della Macchina del Pane, scaricabile qui (www.farwest.it/varie/gielleffe.zip). Peccato che per un bel pò, dopo gli stravizi delle feste, non se ne potrà mangiare neppure una fettina. Beh, pazienza. Vorrà dire che verrò a guardarmi la foto. Che non è male, vero?
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