30 novembre 2006

Nè carne nè pesce.


Beh, no, direi che è stato pesce. In realtà, la Lezione Numero Tre dell'ormai famoso Corso di Cucina doveva basarsi sulla carne, ma com'è, come non è, si è preferito scambiarla con la Lezione Numero Quattro e parlare di pesce. La classe sta diventando un pò turbolenta e distratta, si capisce. La prima sera eravamo silenziosi e attenti, la seconda un pò meno, la terza abbiamo chiacchierato allegramente di cose qualsiasi, spinando orate con rara maestria (in realtà le povere orate erano più scarnificate che sfilettate, ma insomma, siamo alle prime esperienze), tritato prezzemolo col coltello mica con la mezzaluna (orrore), e imparato i primi rudimenti di cucina giapponese, con un tempura degno di Nobu. Beh, personalmente mi diverto un sacco. La Maestra e la sua Ancella sono dotate sì di gran mestiere ma anche di infinita pazienza. E noi, devo dirlo, di grande passione. E di curiosità. E fa niente se ieri sera siamo rientrati olezzanti di olio d'oliva, tanto che il mio sposo mi ha chiesto se per caso non avessi marinato la scuola di cucina per recarmi, nottetempo, alla Sagra del Pesce, di quelle che si fanno in Liguria a ferragosto, con i piatti di carta e i totani e padelloni di olio bollente, ballo a palchetto e pesca di beneficenza. Ma sotto sotto era felice. Ha la prova tangibile che la Scuola non è una scusa. Peggio sarebbe se arrivassi profumata di Vetyver. Il fritto, signora mia, che grande invenzione.

26 novembre 2006

Compiti a casa.

Ma lei la frolla per la torta salata, quella per i picnic fuori porta e per far mangiar le verdure ai figlioli, la compra ancora? Che volgare, signora mia, ma tutto le devo insegnare, proprio tutto? La frolla salata, cara la mia bella Signora NonSoNienteDelMondo, si fa a mano, con la farina e il burro e tutti i suoi begli ingredienti ben dosati. Basta con le varie Buitoni, Vallè e la marca sconosciuta del discount (un pò asciuttina, c'è da dirlo), ora si và di mattarello. E poi, anzichè le striscioline, che oramai hanno stufato, si fanno dei graziosi decori con il tagliabiscotti, cuori e stelle o quel che vuole. Una torta salata Zen. Testè imparata alla Scuola di Cucina. La mia Maestra sarà soddisfatta della sua scolara diligente. Come faccio a conoscere tutte le marche di pasta frolla? E ad essere azionista di maggioranza alla Buitoni? Beh, diciamo che è un segreto. Presto svelato dal fatto che, nel Basso Piemonte, la Buitoni registrerà un inspiegabile picco negativo di vendite. E chi mi ferma più. E lei, signora mia, si informi un pochino. E' sicura che tutte 'stè fiction non le brasano il cervello?

L'oggetto del desiderio.


Lo so. La foto è una meraviglia, ma non è faina del mio sacco, ma farina del mio sposo, anche se io mi ostino a dire che con un apparecchio fotografico come il suo dotato di millecinquecento robini da girare, fasare e regolare, sarei brava anche io. Ma la cosa non mi tocca, pazienza, non so fotografare, fine. Và detto che da sabato ho un amico. E' tosto, rosso, pesante e fa un sacco di cose. Si chiama Kitchen Aid, e ha turbato non poco i miei sonni delle ultime settimane, per una serie di motivi. Primo fra tutti, "perchè" lo desiderassi con siffatta intensità. Presto detto: quello che ho ha ormai raggiunto l'età della quiescenza, con tanto di targa ricordo dopo anni di onoratissimo servizio. E, secondo, "perchè" sono così felice di averlo, adesso che è lì, a far bella mostra di sè nella mia cucina. Sarà grave? A poco più di quarant'anni, sarà l'inizio della fine a sentirsi così contenta per aver acquistato, parliamoci chiaro, un frullatore? Starò diventando come quelle casalinghe frustrate, che trovano l'espressione massima del loro esistere osservando gli albumi montati a neve ben ferma, sentendosi, voilà, la Nigella Lawson del quartierino? Risposta non ho. Insomma, ho comprato il mio bel KA, ho raccontato qui le sue primissime ore di vita a casa nostra e sono in pace. Nulla di più. Per la malattia che ho contratto, beh, mi farò vedere da uno bravo. Nel frattempo, per mettermi alla prova, proverò a desiderare intensamente una bella Vuitton in edizione limitata, facciamo argentea, che è così di moda. Anche questo mi esalta, allo stesso modo. Quindi non desidero solo frullatori, quindi non sono malata, quindi è tutto a posto. Per la carta di credito un pò meno, ma insomma, non andiamo tanto per il sottile. Meglio spendere soldi in oggetti di culto, che in medicine, non è così?

E voilà, la ricetta.

Dovete avere in casa 250 grammi di farina e 2 cucchiaini di lievito. Due banane che si sono stufate di stare nel cestino e 150 grammi di mirtilli, freschi o surgelati va bene uguale. Il miele, 3 cucchiai e 3 cucchiai anche di olio vegetale, già che ci siete. E un uovo, signore care, e una spruzzatina di cannella e 185 millilitri di latte, non uno di più, non uno di meno. Se non possedete un KA, mi dispiace per voi, mescolate tutto finchè non diventa un bel viola. Sistemateli a modo nei loro pirrottini da plum cake. E infornate a 180 gradi. Son soddisfazioni. Lo ben si sa.

23 novembre 2006

Ci sono cose.


...che uno nella vita, almeno una volta, le deve provare. Non è la cannabis o il volo su aliante, o scapicollarsi giù da un ponte attaccati ad un elastico. Signori, è fare la pasta. La pasta all'uovo, nella fattispecie. E ora, vuoto il sacco. Non è mistero. Frequento da due settimane un corso di cucina. Niente di strano, se prendessi il brevetto da astronauta farebbe senz'altro più scalpore. Ma forse, lo scafandro del quale mi doterebbero non esalterebbe al meglio le mie grazie, così come fa il candido grembiulino che mi è stato regalato alla prima lezione. Che già, indossato che l'ebbi, mi sentii già cuoca. la prima lezione è scivolata via con scioltezza, antipasti. Eravamo concentrati e un pò impacciati. Trovarsi in un ambiente nuovo e con persone mai viste e così diverse tra loro non è mica cosa da tutti i giorni. Ci siamo invece rilassati ieri sera, seconda lezione inerente i primi. La classe è eterogenea. Che teniamo famiglia siamo solo in due, ma questo è un bel vantaggio. Abbiamo una dimestichezza da giocoliere a manovrare casseruole e padelle da comunità, non perchè prestiamo servizio in una mensa scolastica, bensì, la nostra batteria da cucina, vista la mole delle bocche da sfamare, è composta da tegami di siffatto calibro. i padellini, a casa nostra, mia e della mia Amica della Pastiera, sono banditi. L'età media è bassina, ci sono due coppie di fidanzati tenerissime, una ragazza treccioluta che ricorda Pocahontas, due giovanotti che sanno con precisione l'indice Dow Jones odierno dello scalogno, e il nonnino, che è un mito già di per sè. La moglie, pur di levarselo di torno, lo ha testè iscritto a un corso di cucina, di origami, di joga e di spagnolo, che le cose da sapere son tante, anche a una certa età. Siamo tutti a conoscenza dei suoi esami clinici, è tutto a posto, anche il colesterolo e i trigliceridi, che non andavano tanto bene, ma adesso che si tiene un pò, per fortuna vanno meglio. Che cosa si fa in simili sere. Si osserva molto, si chiacchiera un pò, si scoprono delizie che mai prima, piccoli trucchi e sottigliezze del mestiere. Chi è l'artefice di tanta grazia? Lei. La Maestra. A dispetto del nome maschile, è una ragazza, e non è una scusa inventata da noi sposatissime per non dare nell'occhio. Andrea è una femmina, una cuoca con fiocchi, controfiocchi, frizzi e lazzi che son un accento argentino che non guasta e che si fa perdonare anche i piccoli scivoloni sulla lingua italiana, ci accompagna in scioltezza attraverso questo affascinante viaggio. più che una Maestra, un corrazziere. Lei non mescola, gira. Tutt'al più, manteca. Quanto olio? Un giro. Quanta farina? Ad occhio. Per quanti minuti? Appena è dorato. Così, fa capire a chiare lettere che la cucina, lungi dall'essere una scienza esatta come molti vogliono farci credere è soprattutto fantasia. E arte. E garbo. E inventiva. E misura. E questo, signori carissimi, è veramente un lusso.
Ma veniamo alle tagliatelle.
Vinto l'imbarazzo e la timidezza iniziale, ci siamo esercitati tutti, nessuno escluso a impastare, girare, tagliare e srotolare con magica precisione le tagliatelle in questione. Soddisfatti. Abbiamo bruciacchiato le crepes, ma la Maestra e la sua Ancella Lara, che affetta a velocità stellare e che davvero possiede la forza di venti braccia ad impastare la sfoglia, beh, hanno fatto finta di non aver visto. Ma insomma, bisognerà ben provare, no? Prossima puntata, le carni. Sarà dura. Personalmente è il mio piatto ostico, non la cucino volentierissimo, se non l'arrosto uguale a se stesso da tempo immemore. Con questo corso avrò la svolta. La mia cucina, avrà la svolta. In famiglia sono preoccupati. Avremo ancora la nostra bistecca impanata, mamma? Ma certo che sì, figlioli. Tutto rotto, ci faremo quattro salti. Shhhhhhhhh! Che la Maestra potrebbe sentire.

19 novembre 2006

La torta della domenica.


Non ci si lasci ingannare. La foto non è una ripresa aerea, non possiedo elicotteri, alla data. Non sono brava con le foto, non è una sorpresa per nessuno, suvvia, ho tante altre qualità, so fare a maglia, ricamo da paura vera, cucino benino per ora e splendidamente tra un pò, non sono nè da restaurare nè da abbattere, al momento, ho una discreta parlantina e so fare le bolle all'indentro con le Brooklyn. Non è mica poco. Ma veniamo alla torta. E' una ricetta che mi diede un'amica che non ho più. Per carità, è viva e vegeta, solo, ho cancellato il suo numero dal telefonino, e lei il mio dal suo. Vicende contorte. La torta in questione è stata realizzata dal forno di casa mia per il Capitano Stubing, allorquando riederà al desco famigliare stravolto dopo una regata. Eh sì, la questione procede, è proprio il caso di dirlo, a gonfie vele. Così, divagando ecco la ricetta in prosa della Torta del Capitano, che, si badi benissimo, non è un dentifricio. Si prendono due mele e si sbucciano, non le Fuji, che son così buone da sole, ma quelle gialline, che diventano rugose e tristi perchè nessuno le vuole. 3 uova. Un bel cucchiaio, magari Sabre France col quale dosare, con grazia infinita, 6 di zucchero e 9 di farina. Aggiungere una bustina di lievito e 1 etto scarso di burro fuso. Quando avrete tutto mescolato e disposto nella tortiera, abbiate l'accortezza di farcire qua e là, con la vostra marmellata preferita. Sarà una sorpresa da trovare, morso dopo morso. Il Capitano, gradirà.
Ah, e in forno per 35 minuti, ma che ve lo dico a fare, io vado a occhio.

16 novembre 2006

Scuola di cucina.


E sì, stavolta si fa sul serio. ma quale Sale e Pepe, ma quale raccolta di Repubblica, ma quale Cucina Italiana. Io divento scema a leggere le ricette, a meno che non mi siano scritte a penna, su un foglio a quadretti, da qualche amica. E poi, mai, mai, mai una misera volta che mi vengano identiche alla foto. Le mie sono sempre più piccole, o più grandi, o più pallide o più colorite. Così, ho preso la decisione, cara la mia signora, che quando uno decide di andare, si và, ribellandosi all'annosa domanda cosa faccio da mangiare, rifuggendo le scene di panico davanti a un frigorifero con l'eco o quasi, allontanandosi un pochino dall'universo del pettodipolloimpanato e della pastalragù, che mi vengono bene, c'è da dirlo, ho origine emiliane, non lo sapeva?, però, insomma, quando è troppo è troppo. Emozionata, un pochino, sì, lo ero sul serio, io non ho mai fatto un corso di cucina e lo consiglio a tutti, davvero. Ti si apre un mondo che non credevi, certo, cucinare ti deve piacere almeno un pò, ma è bello scoprire dei piccoli segreti, che il cavolfiore si bolle insieme al latte e la farina, così rimane bello immacolato e la portinaia, almeno, non si accorge che oggi lo cucino, perchè profumo non ne fa, ne avevamo già parlato, il cavolfiore, come il broccolo, del resto, ammorba. Ah, signora, signora, che grande soddisfazione ieri, a tagliare quel porro con un coltellaccio vero, di quelli che tagliano solo a guardarli, e a fare quel bel rumore sul tagliere, tac,tac,tac, come Vissani alla tv, ma imbroccando tutti i congiuntivi, però. Bello, le mostrerò le foto un giorno di questi. Adesso devo andare a fare quelle polpettine. Impanate nel couscous, l'ha mai fatto lei? Che cooooosa? Non sa cos'è il cous cous? Gentaglia.

14 novembre 2006

Progressi.

Lenti ma inesorabili. Tanto per cominciare, il pane prodotto dalla mia adorata Macchina del pane ha prodotto qualcosa di sempre più dissimile a un prodotto da fornace e sempre più vicino a un pane vero. Son soddisfazioni. Ho escogitato una serie di piccoli accorgimenti, non senza aver attinto al sapere delle amiche che da tempo immemore usano questa diabolica macchina. In primis, la farina che sembra una bazzecola, la farina sarà ben tutta uguale e invece no. Ho comprato una serie di farine alla Lidl, integrale, al farro, all'orzo e a non so cosa diavolo. Fatto sta che il pane che fa bella mostra di sè sulla tovaglietta della colazione, è il primo di una lunga serie di successi. Esso è gradevole alla vista, morbido, di un bel colore, non crudo e non bruciato, commestibile. Che è già un bel risultato. Certo, la famiglia non collabora. Annusano, guardano con sospetto, assaggiano un angolino manco avessero il dubbio che fosse un fungo allucinogeno, e poi lo lasciano lì. Ma è buono. Solo la Princi mi segue in questa strenua battaglia e ieri ha chiesto festosa se per caso non lo avessi acquistato dal panettiere, quel bel tronchettino marroncino. Mi adora, lo so. La faccenda le piace. Tanto che abbiamo dato un nome alla nostra macchina. E dato che noi e le gatte siamo già regine indiscusse di questa famiglia, la abbiamo chiamata con un nome maschile, che ci sembrava adatto. La nostra macchina si chiama Ubaldo. Primo caso di transgender fra gli impastatori. Ma tranquilli. Sciacquo il cestello quando in cucina non c'è nessuno, e in una vasca del lavandino dedicata solo a lui. Per tacitare anche la Gardini, che non ci perda il sonno.

08 novembre 2006

Mi dò all'edilizia.



Ancora non avevo dato l'annuncio ufficiale. Ebbene, sì, signori miei, da qualche giorno la scrivente possiede una macchina per fare il pane. Delirio. A nessuno della famiglia la notizia importa. Anzi, l'hanno trovata un'idea balzana. Guardano l'oggetto con disinteresse, scuotendo il capo e scommettono, quantificando gli utilizzi in un numero che non arriva ad avere due cifre. Che grandissime soddisfazioni sa dare la mia famiglia! Ma io, non mollo. E sono già al secondo esperimento. Devo dire che i miei co-inquilini, un pochino ragione ce l'hanno. I due prodotti sfornati, beh, non sono certo fragranti e appetitosi. Palliducci, tristanzuoli, duri, crudi, bruciacchiati e gommosi. Più che un pane, una sciagura. Dove sbaglio? Nel lievito? Nella farina? O forse ho proprio sbagliato alla fonte, sprecando i miei punti per l'acquisto, previo esborso di euro 34, della suddetta ? Resterà un mistero. Ma uno dei miei figlioli stasera, osservando con aria truce e vagamente divertita il ridicolo panino alla farina di Kamut che sono riuscita a portare trionfalmente in tavola, un'idea me l'ha data. Mattoni!! Come ho fatto a non pensarci prima. Ho anche sottomano un paio di indirizzi di costruttori...Almeno loro, da amici fraterni quali sono, non mi diranno di no. E io continuerò, felice, a sfornare i miei bei panetti. Facendo bene attenzione a non farmeli cadere su un piede. Costruttori ne conosco. Ortopedici, no.

La torta di Natalia.

Niente paura, non è la centesima ricetta di torta al cioccolato. Di fatti, la ricetta non la so. Questa torta è un regalo. E' una specie di plum cake sofficissimo e al cioccolato di cui mi ha fatto dono un'Amica che mi abita a 2 minuti scarsi a piedi, con la quale ridiamo molto, spettegoliamo molto, chiacchieriamo molto. La torta doveva servire per la colazione ma, nel rispetto degli sbrani della mia famelica famigliola, ora consta di un'unica, solinga fettina trasparente, lasciata nel piatto per decenza. Polverizzata. Urge nuova torta. Anche con vassoio usa e getta. Non siamo per le formalità.

04 novembre 2006

Artusi Meme n.268 - Pollo alla Marengo

L'avete voluto. Ve la siete cercata. O meglio, Lei, se l'è cercata, invitandomi a questo meme sull'Artusi. Io, nulla ci azzecco con nessuno che sappia di cucina. Figuriamoci con l'Artusi in persona, o in libro, che ho testè acquistato e studiato qua e là. Scribacchio, certo, ma non so nemmeno fare una foto decente, anzi, dato che sono in ritardissimo e che sono sola a gestire questa banda, quest'oggi, dato che il mio sposo ha ben pensato di andare a fare il Capitano Stubing e di cantare Mare Profumo di Mare su e giù per i liguri mari, il risultato direi che è eccellente. In corso d'opera, peraltro, perchè non ero sicura che arrivasse tutto in tempo, e quindi ho fotografato il pollo mentre sfrigolava, appena cosparso di farina (quella è farina, tengo a precisarlo). Ho scelto il pollo alla Marengo perchè abito da queste parti, perchè sono stata anche alla rievocazione storica di questa battaglia e perchè poco lontano dal mio ufficio c'è il platano di Napoleone, piantato, si narra, da lui in persona. Comunque, mi sono divertita a leggere e a eseguire questa semplice ricettina, prelibata e ricercata da queste parti, e ringrazio Sandra. Spero solo che non abbia a pentirsene. Me lo dirà domenica.
Pollo alla Marengo

"La sera della Battaglia di Marengo, nel sottosopra di quella giornata non trovandosi i carri della cucina, il cuoco al Primo Console ai Generali, improvvisò con galline rubate, un piatto che manipolato all'incirca come quello che qui vi descrivo, fu chiamato Pollo alla Marengo; e si dice che esso fu poi sempre nelle grazie di Napoleone, se non pel merito suo, ma perchè gli rammentava quella gloriosa vittoria.

Prendete un pollo giovane ed escludendone il collo e le zampe, tagliatelo a pezzi grossi nelle giunture. Mettetelo alla sautè con grammi 30 di burro, una cucchiaiata di olio e conditelo con sale, pepe e una presa di noce moscata. Rosolàti che sieno i pezzi da una parte e dall'altra, scolate via l'unto e gettate nella sautè una cucchiaiata rasa di farina e un decilitro di vino bianco. Aggiungere il brodo per tirare il pollo a cottura, coperto e a fuoco lento. Prima di levarlo dal fuoco fioritelo con un pizzico di prezzemolo tritato e quando è nel vassoio strizzategli sopra mezzo limone.

Riesce una vivanda appetitosa".