19 dicembre 2006

La biscotteria.

Non che in questi giorni non cucini, certo che no. Anzi, ho passato un week end di delirio culinario, la domenica, soprattutto, con un tempo da lupi che non invogliava a fare niente di niente. Cucino, certamente, ma è complicato fotografare e documentare, magari quando hai ospiti, e metterti lì, la tavola preziosa, le candele e tutto il resto, con la tua bella macchina fotografica a dire all'arrosto, fermo così, sorridi. Mi rifarò nelle vacanze. Intanto, questi biscottini, opera mia e dell'infanta, su ricetta di Kjaretta, lei, che le dosi e i procedimenti li scrive con precisione millimetrica e poetica, perchè no. Sono alla cannella, buonissimi e molto, molto natalizi. A qualcuno l'Infanta ha fatto un buchino, passato un nastro rosso e portati a scuola. Una domenica di biscotti è quanto di più rilassante si possa trovare, in giorni frenetici di quasi Natale, profumo di buono e fuori che piove.

11 dicembre 2006

Fuori programma.


Il sapere delle nostra Maestra và oltre. Oltre i termini impropri, oltre l'accento argentino, oltre i participi passati non sempre perfetti. Oltre, insomma. Noi la adoriamo e ci comincia un pò a dispiacere che la prossima di Santa Lucia sia l'ultima lezione. Ma già meditiamo di iscriverci in massa al corso avanzato. L'altra sera la Maestra, contravvenendo al regolamento (!), nonostante la lezione sui primi l' avessimo già fatta e il riso pure, ci ha regalato una chicca per le occasioni speciali. Quando cioè uno ha qualche biglietto da 50 euro che sonnecchia beato in fondo al portafoglio e che proprio non sa che farsene, quando, e vado a caso, si ha una cena importante, o si è soli col propio sposo/amante/marito/fidanzato, o se si vuole fare un terno secco sul vicino di casa testè arrivato nel nostro palazzo e niente, niente, niente affatto male. Barolo, signori cari, Barolo. Col riso, perlopiù. Secondo la dottrina della Maestra le bottiglie dovranno essere due: una per cucinare e l'altra da sorseggiare con grazia e mestiere durante la cena. Servirà uno scalogno, il solito olio, il solito soffritto, 2 chiodi di garofano, pepe, rosmarino e alloro. Si comincia a fare il riso normalmente, bagnando col vino bianco. Poi, si riduce il barolo, a fuoco basso, e lo lego con farina e burro. So che è complicato, ma si renda conto signora, io vado a scuola per imparare queste meraviglie, posso perdere il mio tempo a spiegare a lei che cosa è il roux? E la mirepois? Via, non diciamo fesserie. Una volta che il mio barolo è diventato una specie di vino cotto, cioè si è, come spiegare, un pò consumato, ecco che, avendo messo il riso nel piatto e avendo fatto una specie di piccola culla con il mestolo, ce lo piazzo all'interno. E dato che non mi faccio mancare niente, ecco che lo ricopro con due fettine di lardo di Colonnata e lo servo, con sguardo da gatta. Al mio vicino verrà un colpo. A mio marito, pure. Anche perchè, all'enoteca, ho usato la sua carta di credito.

Maiale a me?


Sissignori, questo l''ho fatto io. Spazzolato in men che non si dica. E' stato un week end proficuo. Desperate Housewife sono delle Benemerite Nessuno al mio cospetto. Ho ricamato e cucinato, cucinato e ricamato. Da perdere la testa, o da sbatterla contro il muro, a scelta. In più, servizio catering verso il Canavese. Gli amici, annusati i risultati che la mia Amica ed io otteniamo a scuola, organizzano cene a profusione. E lì, ci si lancia in agrodolci "particolari", in muffin senza forma e cake un pò crudi, ma basta una ripassata in forno e vengono che è una meraviglia, non lo sapeva? Il mio filetto di maiale, invece, costituiva il pranzo domenicale. Il segreto è avvolgere le fettine di maiale in fettine di lardo. E adagiarlo, bello sereno, in un letto di patate sbiancate ( eh sì, signora, scusi tanto, ma le patate van sbiancate, non bollite e non cotte, men che meno crude, sbian-ca-te!). Le voraci boccucce faran sparire il vostro piatto in poco meno di dieci minuti. E voi sarete, manco a dirlo, soddisfatte, compiaciute e serene. Come il maiale, per l'appunto.

Messer Filetto.


Stavolta, carne. Alla lezione di cucina, intendo. una lezione diciamo un pò diversa, dato che l'ancella Lara era assente giustificata, una brutta influenza, signora mia, è frutto di stagione. La Maestra ci ha deliziato col suo sapere in fatto di carne e affini, propiziandoci lì per lì, una ricetta di brasato al Barolo per serate speciali. Léggere in seguito gli ingredienti. Molto interessante. Anche se tra noi c'è qualche vegetariana che ha resistito stoica e convinta, ferma nelle sue posizioni. ma forse, la sua mente era altrove, non già al filettuccio castello quanto all'esame di Procuratore 8o da Avvocato?), che dovrà sostenere nei giorni a ridosso di Santa Lucia. ma noi, suoi compagni di cucina, la penseremo tanto, anche se non potrà essere ai frizzi e lazzi dell'ultima sera, appunto, il prossimo mercoledì. Orbene, si parlava di filetto. Delizioso e piuttosto semplice. Soprattutto il barbatrucco di aggiungere tra le fette un mix di pangrattato, pecorino, pomodorini secchi, salvia e rosmarino. Già testato a casa. un delirio. "Abbiamo ben speso i nostri soldi", commentarono lo sposo e i figlioli. E mai commento fu più gradito.

30 novembre 2006

Nè carne nè pesce.


Beh, no, direi che è stato pesce. In realtà, la Lezione Numero Tre dell'ormai famoso Corso di Cucina doveva basarsi sulla carne, ma com'è, come non è, si è preferito scambiarla con la Lezione Numero Quattro e parlare di pesce. La classe sta diventando un pò turbolenta e distratta, si capisce. La prima sera eravamo silenziosi e attenti, la seconda un pò meno, la terza abbiamo chiacchierato allegramente di cose qualsiasi, spinando orate con rara maestria (in realtà le povere orate erano più scarnificate che sfilettate, ma insomma, siamo alle prime esperienze), tritato prezzemolo col coltello mica con la mezzaluna (orrore), e imparato i primi rudimenti di cucina giapponese, con un tempura degno di Nobu. Beh, personalmente mi diverto un sacco. La Maestra e la sua Ancella sono dotate sì di gran mestiere ma anche di infinita pazienza. E noi, devo dirlo, di grande passione. E di curiosità. E fa niente se ieri sera siamo rientrati olezzanti di olio d'oliva, tanto che il mio sposo mi ha chiesto se per caso non avessi marinato la scuola di cucina per recarmi, nottetempo, alla Sagra del Pesce, di quelle che si fanno in Liguria a ferragosto, con i piatti di carta e i totani e padelloni di olio bollente, ballo a palchetto e pesca di beneficenza. Ma sotto sotto era felice. Ha la prova tangibile che la Scuola non è una scusa. Peggio sarebbe se arrivassi profumata di Vetyver. Il fritto, signora mia, che grande invenzione.

26 novembre 2006

Compiti a casa.

Ma lei la frolla per la torta salata, quella per i picnic fuori porta e per far mangiar le verdure ai figlioli, la compra ancora? Che volgare, signora mia, ma tutto le devo insegnare, proprio tutto? La frolla salata, cara la mia bella Signora NonSoNienteDelMondo, si fa a mano, con la farina e il burro e tutti i suoi begli ingredienti ben dosati. Basta con le varie Buitoni, Vallè e la marca sconosciuta del discount (un pò asciuttina, c'è da dirlo), ora si và di mattarello. E poi, anzichè le striscioline, che oramai hanno stufato, si fanno dei graziosi decori con il tagliabiscotti, cuori e stelle o quel che vuole. Una torta salata Zen. Testè imparata alla Scuola di Cucina. La mia Maestra sarà soddisfatta della sua scolara diligente. Come faccio a conoscere tutte le marche di pasta frolla? E ad essere azionista di maggioranza alla Buitoni? Beh, diciamo che è un segreto. Presto svelato dal fatto che, nel Basso Piemonte, la Buitoni registrerà un inspiegabile picco negativo di vendite. E chi mi ferma più. E lei, signora mia, si informi un pochino. E' sicura che tutte 'stè fiction non le brasano il cervello?

L'oggetto del desiderio.


Lo so. La foto è una meraviglia, ma non è faina del mio sacco, ma farina del mio sposo, anche se io mi ostino a dire che con un apparecchio fotografico come il suo dotato di millecinquecento robini da girare, fasare e regolare, sarei brava anche io. Ma la cosa non mi tocca, pazienza, non so fotografare, fine. Và detto che da sabato ho un amico. E' tosto, rosso, pesante e fa un sacco di cose. Si chiama Kitchen Aid, e ha turbato non poco i miei sonni delle ultime settimane, per una serie di motivi. Primo fra tutti, "perchè" lo desiderassi con siffatta intensità. Presto detto: quello che ho ha ormai raggiunto l'età della quiescenza, con tanto di targa ricordo dopo anni di onoratissimo servizio. E, secondo, "perchè" sono così felice di averlo, adesso che è lì, a far bella mostra di sè nella mia cucina. Sarà grave? A poco più di quarant'anni, sarà l'inizio della fine a sentirsi così contenta per aver acquistato, parliamoci chiaro, un frullatore? Starò diventando come quelle casalinghe frustrate, che trovano l'espressione massima del loro esistere osservando gli albumi montati a neve ben ferma, sentendosi, voilà, la Nigella Lawson del quartierino? Risposta non ho. Insomma, ho comprato il mio bel KA, ho raccontato qui le sue primissime ore di vita a casa nostra e sono in pace. Nulla di più. Per la malattia che ho contratto, beh, mi farò vedere da uno bravo. Nel frattempo, per mettermi alla prova, proverò a desiderare intensamente una bella Vuitton in edizione limitata, facciamo argentea, che è così di moda. Anche questo mi esalta, allo stesso modo. Quindi non desidero solo frullatori, quindi non sono malata, quindi è tutto a posto. Per la carta di credito un pò meno, ma insomma, non andiamo tanto per il sottile. Meglio spendere soldi in oggetti di culto, che in medicine, non è così?

E voilà, la ricetta.

Dovete avere in casa 250 grammi di farina e 2 cucchiaini di lievito. Due banane che si sono stufate di stare nel cestino e 150 grammi di mirtilli, freschi o surgelati va bene uguale. Il miele, 3 cucchiai e 3 cucchiai anche di olio vegetale, già che ci siete. E un uovo, signore care, e una spruzzatina di cannella e 185 millilitri di latte, non uno di più, non uno di meno. Se non possedete un KA, mi dispiace per voi, mescolate tutto finchè non diventa un bel viola. Sistemateli a modo nei loro pirrottini da plum cake. E infornate a 180 gradi. Son soddisfazioni. Lo ben si sa.

23 novembre 2006

Ci sono cose.


...che uno nella vita, almeno una volta, le deve provare. Non è la cannabis o il volo su aliante, o scapicollarsi giù da un ponte attaccati ad un elastico. Signori, è fare la pasta. La pasta all'uovo, nella fattispecie. E ora, vuoto il sacco. Non è mistero. Frequento da due settimane un corso di cucina. Niente di strano, se prendessi il brevetto da astronauta farebbe senz'altro più scalpore. Ma forse, lo scafandro del quale mi doterebbero non esalterebbe al meglio le mie grazie, così come fa il candido grembiulino che mi è stato regalato alla prima lezione. Che già, indossato che l'ebbi, mi sentii già cuoca. la prima lezione è scivolata via con scioltezza, antipasti. Eravamo concentrati e un pò impacciati. Trovarsi in un ambiente nuovo e con persone mai viste e così diverse tra loro non è mica cosa da tutti i giorni. Ci siamo invece rilassati ieri sera, seconda lezione inerente i primi. La classe è eterogenea. Che teniamo famiglia siamo solo in due, ma questo è un bel vantaggio. Abbiamo una dimestichezza da giocoliere a manovrare casseruole e padelle da comunità, non perchè prestiamo servizio in una mensa scolastica, bensì, la nostra batteria da cucina, vista la mole delle bocche da sfamare, è composta da tegami di siffatto calibro. i padellini, a casa nostra, mia e della mia Amica della Pastiera, sono banditi. L'età media è bassina, ci sono due coppie di fidanzati tenerissime, una ragazza treccioluta che ricorda Pocahontas, due giovanotti che sanno con precisione l'indice Dow Jones odierno dello scalogno, e il nonnino, che è un mito già di per sè. La moglie, pur di levarselo di torno, lo ha testè iscritto a un corso di cucina, di origami, di joga e di spagnolo, che le cose da sapere son tante, anche a una certa età. Siamo tutti a conoscenza dei suoi esami clinici, è tutto a posto, anche il colesterolo e i trigliceridi, che non andavano tanto bene, ma adesso che si tiene un pò, per fortuna vanno meglio. Che cosa si fa in simili sere. Si osserva molto, si chiacchiera un pò, si scoprono delizie che mai prima, piccoli trucchi e sottigliezze del mestiere. Chi è l'artefice di tanta grazia? Lei. La Maestra. A dispetto del nome maschile, è una ragazza, e non è una scusa inventata da noi sposatissime per non dare nell'occhio. Andrea è una femmina, una cuoca con fiocchi, controfiocchi, frizzi e lazzi che son un accento argentino che non guasta e che si fa perdonare anche i piccoli scivoloni sulla lingua italiana, ci accompagna in scioltezza attraverso questo affascinante viaggio. più che una Maestra, un corrazziere. Lei non mescola, gira. Tutt'al più, manteca. Quanto olio? Un giro. Quanta farina? Ad occhio. Per quanti minuti? Appena è dorato. Così, fa capire a chiare lettere che la cucina, lungi dall'essere una scienza esatta come molti vogliono farci credere è soprattutto fantasia. E arte. E garbo. E inventiva. E misura. E questo, signori carissimi, è veramente un lusso.
Ma veniamo alle tagliatelle.
Vinto l'imbarazzo e la timidezza iniziale, ci siamo esercitati tutti, nessuno escluso a impastare, girare, tagliare e srotolare con magica precisione le tagliatelle in questione. Soddisfatti. Abbiamo bruciacchiato le crepes, ma la Maestra e la sua Ancella Lara, che affetta a velocità stellare e che davvero possiede la forza di venti braccia ad impastare la sfoglia, beh, hanno fatto finta di non aver visto. Ma insomma, bisognerà ben provare, no? Prossima puntata, le carni. Sarà dura. Personalmente è il mio piatto ostico, non la cucino volentierissimo, se non l'arrosto uguale a se stesso da tempo immemore. Con questo corso avrò la svolta. La mia cucina, avrà la svolta. In famiglia sono preoccupati. Avremo ancora la nostra bistecca impanata, mamma? Ma certo che sì, figlioli. Tutto rotto, ci faremo quattro salti. Shhhhhhhhh! Che la Maestra potrebbe sentire.

19 novembre 2006

La torta della domenica.


Non ci si lasci ingannare. La foto non è una ripresa aerea, non possiedo elicotteri, alla data. Non sono brava con le foto, non è una sorpresa per nessuno, suvvia, ho tante altre qualità, so fare a maglia, ricamo da paura vera, cucino benino per ora e splendidamente tra un pò, non sono nè da restaurare nè da abbattere, al momento, ho una discreta parlantina e so fare le bolle all'indentro con le Brooklyn. Non è mica poco. Ma veniamo alla torta. E' una ricetta che mi diede un'amica che non ho più. Per carità, è viva e vegeta, solo, ho cancellato il suo numero dal telefonino, e lei il mio dal suo. Vicende contorte. La torta in questione è stata realizzata dal forno di casa mia per il Capitano Stubing, allorquando riederà al desco famigliare stravolto dopo una regata. Eh sì, la questione procede, è proprio il caso di dirlo, a gonfie vele. Così, divagando ecco la ricetta in prosa della Torta del Capitano, che, si badi benissimo, non è un dentifricio. Si prendono due mele e si sbucciano, non le Fuji, che son così buone da sole, ma quelle gialline, che diventano rugose e tristi perchè nessuno le vuole. 3 uova. Un bel cucchiaio, magari Sabre France col quale dosare, con grazia infinita, 6 di zucchero e 9 di farina. Aggiungere una bustina di lievito e 1 etto scarso di burro fuso. Quando avrete tutto mescolato e disposto nella tortiera, abbiate l'accortezza di farcire qua e là, con la vostra marmellata preferita. Sarà una sorpresa da trovare, morso dopo morso. Il Capitano, gradirà.
Ah, e in forno per 35 minuti, ma che ve lo dico a fare, io vado a occhio.

16 novembre 2006

Scuola di cucina.


E sì, stavolta si fa sul serio. ma quale Sale e Pepe, ma quale raccolta di Repubblica, ma quale Cucina Italiana. Io divento scema a leggere le ricette, a meno che non mi siano scritte a penna, su un foglio a quadretti, da qualche amica. E poi, mai, mai, mai una misera volta che mi vengano identiche alla foto. Le mie sono sempre più piccole, o più grandi, o più pallide o più colorite. Così, ho preso la decisione, cara la mia signora, che quando uno decide di andare, si và, ribellandosi all'annosa domanda cosa faccio da mangiare, rifuggendo le scene di panico davanti a un frigorifero con l'eco o quasi, allontanandosi un pochino dall'universo del pettodipolloimpanato e della pastalragù, che mi vengono bene, c'è da dirlo, ho origine emiliane, non lo sapeva?, però, insomma, quando è troppo è troppo. Emozionata, un pochino, sì, lo ero sul serio, io non ho mai fatto un corso di cucina e lo consiglio a tutti, davvero. Ti si apre un mondo che non credevi, certo, cucinare ti deve piacere almeno un pò, ma è bello scoprire dei piccoli segreti, che il cavolfiore si bolle insieme al latte e la farina, così rimane bello immacolato e la portinaia, almeno, non si accorge che oggi lo cucino, perchè profumo non ne fa, ne avevamo già parlato, il cavolfiore, come il broccolo, del resto, ammorba. Ah, signora, signora, che grande soddisfazione ieri, a tagliare quel porro con un coltellaccio vero, di quelli che tagliano solo a guardarli, e a fare quel bel rumore sul tagliere, tac,tac,tac, come Vissani alla tv, ma imbroccando tutti i congiuntivi, però. Bello, le mostrerò le foto un giorno di questi. Adesso devo andare a fare quelle polpettine. Impanate nel couscous, l'ha mai fatto lei? Che cooooosa? Non sa cos'è il cous cous? Gentaglia.

14 novembre 2006

Progressi.

Lenti ma inesorabili. Tanto per cominciare, il pane prodotto dalla mia adorata Macchina del pane ha prodotto qualcosa di sempre più dissimile a un prodotto da fornace e sempre più vicino a un pane vero. Son soddisfazioni. Ho escogitato una serie di piccoli accorgimenti, non senza aver attinto al sapere delle amiche che da tempo immemore usano questa diabolica macchina. In primis, la farina che sembra una bazzecola, la farina sarà ben tutta uguale e invece no. Ho comprato una serie di farine alla Lidl, integrale, al farro, all'orzo e a non so cosa diavolo. Fatto sta che il pane che fa bella mostra di sè sulla tovaglietta della colazione, è il primo di una lunga serie di successi. Esso è gradevole alla vista, morbido, di un bel colore, non crudo e non bruciato, commestibile. Che è già un bel risultato. Certo, la famiglia non collabora. Annusano, guardano con sospetto, assaggiano un angolino manco avessero il dubbio che fosse un fungo allucinogeno, e poi lo lasciano lì. Ma è buono. Solo la Princi mi segue in questa strenua battaglia e ieri ha chiesto festosa se per caso non lo avessi acquistato dal panettiere, quel bel tronchettino marroncino. Mi adora, lo so. La faccenda le piace. Tanto che abbiamo dato un nome alla nostra macchina. E dato che noi e le gatte siamo già regine indiscusse di questa famiglia, la abbiamo chiamata con un nome maschile, che ci sembrava adatto. La nostra macchina si chiama Ubaldo. Primo caso di transgender fra gli impastatori. Ma tranquilli. Sciacquo il cestello quando in cucina non c'è nessuno, e in una vasca del lavandino dedicata solo a lui. Per tacitare anche la Gardini, che non ci perda il sonno.

08 novembre 2006

Mi dò all'edilizia.



Ancora non avevo dato l'annuncio ufficiale. Ebbene, sì, signori miei, da qualche giorno la scrivente possiede una macchina per fare il pane. Delirio. A nessuno della famiglia la notizia importa. Anzi, l'hanno trovata un'idea balzana. Guardano l'oggetto con disinteresse, scuotendo il capo e scommettono, quantificando gli utilizzi in un numero che non arriva ad avere due cifre. Che grandissime soddisfazioni sa dare la mia famiglia! Ma io, non mollo. E sono già al secondo esperimento. Devo dire che i miei co-inquilini, un pochino ragione ce l'hanno. I due prodotti sfornati, beh, non sono certo fragranti e appetitosi. Palliducci, tristanzuoli, duri, crudi, bruciacchiati e gommosi. Più che un pane, una sciagura. Dove sbaglio? Nel lievito? Nella farina? O forse ho proprio sbagliato alla fonte, sprecando i miei punti per l'acquisto, previo esborso di euro 34, della suddetta ? Resterà un mistero. Ma uno dei miei figlioli stasera, osservando con aria truce e vagamente divertita il ridicolo panino alla farina di Kamut che sono riuscita a portare trionfalmente in tavola, un'idea me l'ha data. Mattoni!! Come ho fatto a non pensarci prima. Ho anche sottomano un paio di indirizzi di costruttori...Almeno loro, da amici fraterni quali sono, non mi diranno di no. E io continuerò, felice, a sfornare i miei bei panetti. Facendo bene attenzione a non farmeli cadere su un piede. Costruttori ne conosco. Ortopedici, no.

La torta di Natalia.

Niente paura, non è la centesima ricetta di torta al cioccolato. Di fatti, la ricetta non la so. Questa torta è un regalo. E' una specie di plum cake sofficissimo e al cioccolato di cui mi ha fatto dono un'Amica che mi abita a 2 minuti scarsi a piedi, con la quale ridiamo molto, spettegoliamo molto, chiacchieriamo molto. La torta doveva servire per la colazione ma, nel rispetto degli sbrani della mia famelica famigliola, ora consta di un'unica, solinga fettina trasparente, lasciata nel piatto per decenza. Polverizzata. Urge nuova torta. Anche con vassoio usa e getta. Non siamo per le formalità.

04 novembre 2006

Artusi Meme n.268 - Pollo alla Marengo

L'avete voluto. Ve la siete cercata. O meglio, Lei, se l'è cercata, invitandomi a questo meme sull'Artusi. Io, nulla ci azzecco con nessuno che sappia di cucina. Figuriamoci con l'Artusi in persona, o in libro, che ho testè acquistato e studiato qua e là. Scribacchio, certo, ma non so nemmeno fare una foto decente, anzi, dato che sono in ritardissimo e che sono sola a gestire questa banda, quest'oggi, dato che il mio sposo ha ben pensato di andare a fare il Capitano Stubing e di cantare Mare Profumo di Mare su e giù per i liguri mari, il risultato direi che è eccellente. In corso d'opera, peraltro, perchè non ero sicura che arrivasse tutto in tempo, e quindi ho fotografato il pollo mentre sfrigolava, appena cosparso di farina (quella è farina, tengo a precisarlo). Ho scelto il pollo alla Marengo perchè abito da queste parti, perchè sono stata anche alla rievocazione storica di questa battaglia e perchè poco lontano dal mio ufficio c'è il platano di Napoleone, piantato, si narra, da lui in persona. Comunque, mi sono divertita a leggere e a eseguire questa semplice ricettina, prelibata e ricercata da queste parti, e ringrazio Sandra. Spero solo che non abbia a pentirsene. Me lo dirà domenica.
Pollo alla Marengo

"La sera della Battaglia di Marengo, nel sottosopra di quella giornata non trovandosi i carri della cucina, il cuoco al Primo Console ai Generali, improvvisò con galline rubate, un piatto che manipolato all'incirca come quello che qui vi descrivo, fu chiamato Pollo alla Marengo; e si dice che esso fu poi sempre nelle grazie di Napoleone, se non pel merito suo, ma perchè gli rammentava quella gloriosa vittoria.

Prendete un pollo giovane ed escludendone il collo e le zampe, tagliatelo a pezzi grossi nelle giunture. Mettetelo alla sautè con grammi 30 di burro, una cucchiaiata di olio e conditelo con sale, pepe e una presa di noce moscata. Rosolàti che sieno i pezzi da una parte e dall'altra, scolate via l'unto e gettate nella sautè una cucchiaiata rasa di farina e un decilitro di vino bianco. Aggiungere il brodo per tirare il pollo a cottura, coperto e a fuoco lento. Prima di levarlo dal fuoco fioritelo con un pizzico di prezzemolo tritato e quando è nel vassoio strizzategli sopra mezzo limone.

Riesce una vivanda appetitosa".

29 ottobre 2006

Manine.



Prima lezione: impanatura. Oggi l'Infanta si è dedicata con me alla preparazione di un semplicissimo pranzo domenicale. L'impanatura del petto di tacchino, ove nel pangrattato si sia disperso un cucchiaio abbondante di Zà Attar, non è roba per tutti. Questa spezia diabolica conferisce all'avulso tacchino un che di esotico e pizzicoso, ma appena accennato, che lo rende unico nel suo genere. Si aggiunga poi l'amorevole cura posta dall'Infanta nell'espletamento del rito. Impettita e concentrata, facendo attenzione a non fare danni, la minima distrazione avrebbe causato in lei una cocente delusione, conosco i sui geni, e so anche da chi li ha presi, ben perciò. Inutile dirlo, mai tacchino fu più felice di finire impanato da manine tanto deliziose.

Il fusillo.

Un re, in pratica. Il massimo, in fatto di pasta corta. La domenica poi, è un trionfo di fusilli, a casa mia, dato che siamo spesso in 7, a ranghi completi, se non ci sono amici, caso in cui si può diventare 14 o 18 in tutta tranquillità, basta invitare le famiglie giuste. Un piatto di fusilli come questi, Setaro, come è ovvio che sia. Sul condimento ci si può anche permettere qualche divagazione. Considerando che i cinque figlioli che hanno condiviso il nostro umile pasto di quest'oggi, hanno gusti molto diversi tra di loro, ho pensato di fare un piccolo esperimento, rischioso e senza rete, per provare ad accontentarli tutti. Ho fatto la pasta con pomodoro, ricotta e pesto. Non una genialata, si fa abitualmente in tutte le case, ma insomma. era domenica, un pò sballati con questo cambio di ora e di cose complicate, giuro, non ne avevo nessuna voglia. Comunque, hanno gradito. La prossima volta, dividerò il sugo per bene, in modo da formare la bandiera italiana. Troppo patriottico? Beh, aspetterò i prossimi mondiali di calcio.

28 ottobre 2006

Profumo di cavolfiore.



Degli ortaggi è il più noioso. Non proprio profumato. Quando si cucina, sia al vapore, che in pentola a pressione, spande intorno a sè, per tutta la casa, lavanderia e garage compresi, un odore non proprio gradevolissimo. Però, è buono. Lo devo dire, un pò commossa, dato che questa è la prima ricetta seria o giù di lì, che compare su Santa Polenta. Lo devo a chi perde il suo tempo per leggere le mie scellerate ricette. Una ogni tanto, vedete di non abituarvi. Allora, mi aggiusto gli occhiali sul naso, accavallo le gambe e vado a spiegare. Si chiama cake cavolfiore, feta e mandorle. Si compra un cavolfiore, una confezione di feta, meglio alla Lidl, che costa poco ed è buonissima e la Lidl in questo periodo è molto di tendenza. Poi le mandorle, a granella. E 50 grammi di farina, per tenere insieme, e 3 uova. Sarà morbido e buonissimo. Si mescola tutto insieme, si frulla, anche col mio frullatore adolescente. Si mette la carta da forno e si schiaffa tutto all'interno di uno stampo da plum cake. O magari, per fare scena, in quello dei muffins, con pirrottini inclusi. D'effetto. Servire con rucola freschissima. Anche quella delle buste. Apprezzato da tutti. Solo il gatto, che la sa lunga, annusava da lontano...Ai gatti, si sa, il cavolfiore dà allergia.

24 ottobre 2006

Lo scandalo.



Non v'è, ahimè, altro termine. Scandalo, nulla di più. Son qui, che mi diletto in esperimenti culinari, che scelgo per bene le uova, che compro solo olive taggiasche, che scelgo con massima cura il riso, l'olio e la farina, e la polenta Valsugana, che volgarità immane, e cosa mi viene richiesto ad urla, dalla mansarda, luogo di rifugio, di studio, ben temo di struscio in mia assenza, ma questo una madre non lo ammetterà mai, nonchè camera da letto, dei miei figlioli maschi? La torta. Niente di male fin qui. La dolcezza di una madre esemplare passa anche da maniche rimboccate e braccia affondate nella farina, pur di far vivere in letizia i suoi fanciulli. Resta da vedere il genere della torta in oggetto. Una infima, misera, pleberrima (si dice?), industrialissima, globalizzatissima, torta alla yogurt Cameo. Con lo yogurt Muller, specifichiamo, quello che fa l'amore con il sapore. Che cosa deve fare in siffatte circostanze, una madre qualsiasi che si è testè iscritta ad un corso di cucina, e che le si sta schiudendo un mondo tanto vasto quanto meraviglioso? Niente, non deve fare proprio niente. Anzi, sì. Deve fare la torta. Ce n'è ancora una confezione nella dispensa, si fa in cinque minuti scarsi e rende felici un liceale scombinato e un mediano indeciso tra scientifico e classico, in piena crisi adolescenziale ma con uno sguardo che conquista. Detto, fatto. La torta riposa sorniona in frigorifero, ben sistemata in una ciotola Taitù. Se scandalo deve essere, che sia almeno ben apparecchiato. Con grazia, come dire.

18 ottobre 2006

La scoperta dell'aneto.


Che questo non fosse un blog di cucina, lo si era già capito da un bel pezzo. Vi presento il mio nasello di stasera. O meglio, la preparazione del nasello, Sua Signoria ancora non aveva raggiunto la padella, si sa, i naselli, soprattutto in medaglioni, sono ritardatari cronici. Aguzzando la vista si possono notare snelle carotine, candido sedano, ben nascosta una cipolla a fettine sottilissime. E poi...Lui. Quell'erbetta impalpabile, profumata e fino ad ora sconosciuta, molto lieta, si chiama Aneto. L'ho buttato nel carrello, come spesso mi succede, senza ben sapere dove e come lo avrei utilizzato. E stasera, voilà, l'illuminazione. Ho consultato i Sacri Testi, mi sono concentrata ed ho tuffato il mio bel nasello surgelato in questa invitante padella. Che a guardarla bene, è pure bella. Ma quanto è chic l'arancione delle carote con il verdolino del sedano? Beh, carino, certo. Ma un tailleurino così lo troverei un tantino azzardato. Meglio col nasello. E con l'aneto, purchessia.

Voilà, la mousse.



Magistrale interpretazione di un tentativo di cena velocissimo, in ritardo, con una piccola folla di commensali affamati e impazienti. Ingredienti, solo 2, prosciutto e formaggio caprino. Si frulla veloce nel frullatore che, poverino, verrà presto sostituito da un altro, più alla moda, più completo, che, alla bisogna, ti lava anche i vetri. La mia cena di ieri sera, riso in bianco per gli influenzati e mousse di prosciutto spalmata delicatamente su fettine di pane alle noci. E un avanzo di frittata del pranzo. Certo, non sarà una roba da chef, ma dal bacione impiastricciato che ho ricevuto a fine cena, questa sorpresa è stata gradita davvero. Io, soddisfatta. Ma mi sa che, dopo il corso di cucina, dovrò farne uno di fotografia. Ben meglio sarà.

16 ottobre 2006

La cena di venerdì.

Bella. E' andato tutto bene. Cucinato parecchio, ma con sodisfazione, e come si dice, dove c'è gusto non c'è perdenza. Il menù, così composto:

I crostoni con cipolla, capperi e feta così, per primi.
Una bella crema di zucca, così, per seconda, cioè, per primo.
L'arrosto alle spezie, zà attar e cumino che è venuto buonissssssssimo.
Microflan di zucchine, che ho usato la teglia dei muffin e si sono squacciati praticamente subito e sono rimasti attaccati alla teglia. Brutti ma buoni.
Tortino di nocciola con microbudinetto al cioccolato.
Soddisfatta. Rimborsata dai complimenti della mia Ospite che di cucina ci mastica, eccome se ci mastica, e che ti prepara di quelle cene in terrazza con campane annesse che c'è da perderci la testa. Bella serata. La testimonianza che si possono organizzare serate ben riuscite anche con...otto figlioli sparsi per la casa.
Ma, lo ben si intenda, questa cena con mazzi e contromazzi, era la prima, testè organizzata e celebrata come Prima Cena d'Autunno. Le Loro Altezze Reali che non si abituino a cotanta opulenza. La prossima volta, pizza al volo di Pizzò. O, magari, un Big Mac.Perchè no.

13 ottobre 2006

Zà attar. Che roba è?

Il nome è davvero improponibile. Non so neppure in che razza di lingua sia. Certo che me ne sono innamorata. Insostituibile, per chi come me adora curiosare negli scaffali dei cibi etnici, anche se ha una famiglia molto tradizionalista e non molto propensa ad esotici cambiamenti. A piccole dosi, però, si dimostrano, come dire, collaborativi. Come con questa polverina magica, in libera vendita, per carità. E' un insieme di spezie e ingredienti inusuali, quali i ceci, il sesamo, e altre delizie. Ha un sapore che cattura. Dove si colloca? Dove si vuole. Sul petto di pollo al cartoccio, per esempio, ne cancella la tristezza della quale, lo ben si sa, è ben fornito: con questa miscela misteriosa non necessiterà di condimento alcuno. Stasera però, l'ho provato sull'arrosto. Condito con la salsa di soia, questa magica polverina e una cucchiaiata di cumino. Dal profumo sembra ottimo. Vedremo i miei ospiti che cosa diranno. Zà attar. Da imparare a memoria. Anzi, scrivetene dieci righe su un quaderno a quadretti. E in bella scrittura, mi raccomando.

11 ottobre 2006

Complicatissimi.


Una gran fatica. Giorni e giorni di preparazione, di lavoro pazzesco, di scelta accurata di tutti gli ingredienti. Insomma, questi dolcetti sono da fare solo in occasioni più che speciali, che so, visita di prelati, pranzi di matrimonio e affini. Marameo. Sono la quintessenza della banalità e del grande effetto, oltrechè essere buoni, buoni, buoni, da mandare all'aria qualsiasi dieta indefessa, qualsiasi fioretto, qualsiasi tutto. Esporrò con semplicità il semplicissimo procedimento. Ingredienti: cioccolato fondente di straordinaria qualità. Corn flakes di nobile provenienza. Un briciolo di burro ottimo, anche lui, per forza di cose. Si scioglie il cioccolato fondente con il burro, in una ciotola capiente. Se volete, a bagnomaria, se non volete, nel microonde, facendo moooooolta attenzione a non sbagliare i tempi, pena ritrovarvi il cioccolato bello carbonizzato, che non va bene. Si prendono i corn flakes, quelli base, e si mescolano, in tutta scioltezza, al cioccolato fuso. Con una schiumarola, perchè devono rimanere il più possibile interi. Successivamente, si prendono a cucchiaiate, si riempiono i pirrottini, che nome buffo, e si fanno riposare in frigorifero. Fine. Da consumare con una tazza di thè alla vaniglia, magari, da sgranocchiare, in piedi, in un momento di debolezza, da far trovare, discreti, sul piattino della tazzina di caffè. Semplici ma superbi, nella loro assoluta delizia. A fine preparazione, finire con le dita l'impasto tiepidino rimasto attaccato alla ciotola è un piacere cui non rinunciare. Per nulla al mondo.

08 ottobre 2006

Torta a pois.


Non è bellissima? La mia produzione di ieri, sabato pomeriggio, consta in ben 3 torte, 2 dolci e una salata, da portare in dono, domani, agli amici riuniti al Cottage. Due le cose strabilianti: La prima: ho fatto io la frolla, non quelle che si comprano, cara la mia signora, che sanno di cartone, sa? La frolla vera, eccome, con il burro, quella da lasciar riposare per 30 minuti in frigorifero. E poi, l'ho riempita di una cremina di ricotta e cioccolato, che solo a rimescolarla saliva un profumino paradisiaco. La seconda è che non l'ho neppure assaggiata. Se una pesta in palestra e nuota e nuota e và in bici nell'acqua come un'ossessa e si sfonda di passato di verdura insapore, può mica mandar tutto a gambe all'aria per una fetta di torta, no? Stoicamente, resistetti. E' una crostata, più o meno. Non ci sono le striscioline perchè non le so fare, o meglio, mi vengono brutte e sghembe e più che una crostata sembra la grata di una finestra della Bastiglia, e poi, mistero....Chi mi ha nascosto il mattarello?

04 ottobre 2006

Il passato di verdura.


Il passato di verdura. Quello delle diete. Quello che fa fare bleah a un grande numero di bambini. Quello che, se hai un nuovo Minipimer e non sei tanto avvezza all'attrezzo, per frullarlo lo sparpagli schizzando qua e là in cucina, dietro i barattoli, sul lavandino e allora ti chiedi ma perchè mai il passato di verdura si debba passare: non si potrebbe lasciare in tutta scioltezza i sedani, le carote e compagnia cantando belli interi come sono? Ma certo che non si può, sciocca fanciulla, quello è il minestrone. Personalmente il mio passato di verdura non è quasi mai surgelato. Giacchè fa schifo di suo, preferisco che sia fresco, già tagliato e pulito, che almeno mi sollevo dall'impegno di sbucciare e tritare. Lo cuocio in tempo variabile, qualche volta me lo dimentico anche per più di mezz'ora, ma chi se ne accorge, tanto? Ci metto un pò di sale, da che qualcuno mi ha detto che i dadi si fanno in casa con le verdure fresche e che io non ho ancora avuto il tempo di fare ma giuro, farò, ho buttato tutto e uso solo il sale. Normale. Ma poi mi hanno spiegato, scusa, ma tu usi il sale normale? Sì. Che volgarità. Il Fior di Sale, bellezza,il Fior-di-Sa-le!!!!Così, demoliscono i capisaldi della mia raffinata cucina. E io, la minestrina, la domenica sera, con che cosa la farò mai? Mi sa che questi blog di cucina mi fanno più male che bene. Ma li adoro, che devo fare?

02 ottobre 2006

Stupefacente.


Non si trova dappertutto. Anzi, per esempio, all'Esselunga non c'è. E' quello che si dice, una tradizione di famiglia. Mia nonna la usava tantissimo, in ogni suo piatto e il suo profumo mi ricorda, chissà perchè, la domenica mattina. E' un misto di spezie, che aggiungo per esempio al mio famoso ragù, per profumarlo e insaporirlo. Certo, non è una scoperta sensazionale, ma questo mix di coriandolo, cannella,anice stellato e noce moscata, è un vero sortilegio anche per l'avulso Petto di Pollo ai ferri, che, diciamocela tutta, è totalmente privo di qualsivoglia sapore. Ecco, la bustina della Saporita, peso netto grammi 8, costo intorno ai 65 cent, sarà presto una star nelle vostre sofisticate cucine. E poi, particolare non trascurabile, dà un bel profumo a tutta la dispensa. Ah, dimenticavo. Non fatevi ingannare dalla dicitura. La Saporita non si sniffa. Beh, si può sempre provare, però...

28 settembre 2006

Mah.

Confesso. L'ho comprato senza sapere cosa farci, solo perchè mi piaceva la scatola, con tutti i ghirigori cinesi. A vederlo così, miserino, in un letto di piselli, col lavandino in vista (sì beh, quello arancione è un lavandino, stupiscano lorsignori, l'altro è viola) e il piano della cucina tutto bello paciugato (do you know Paciugare?), insomma, non ispira. Ma il nome, Venere, ti suggerisce un riso peccaminoso, proibito ohibò, e anche afrodisiaco, c'è scritto sulla scatola e non so se mi son ben spiegata. Va bene, sono una frana. L'arrosto mi è venuto decisamente meglio e questo lo servirò insieme. Ma sono troppo curiosa di vedere la faccia che faranno i miei commensali. E soprattutto, manco a dirlo, gli effetti che il riso medesimo avrà. Magari stasera non schianto sul divano come al solito. Trenta chili di riso nero alla signora. Son trentacinque, lascio?

L'inganno.

Non sono un granchè come fotografa. Mio marito sostiene che le mie fotografie non hanno profondità, perchè non so inquadrare. Io mi piazzo lì, velocissima, dall'alto e clic, uno scatto e via. Anche perchè, solitamente, ho quei 4 picosecondi da dedicare all'immagine e i rimanenti 3 minuti per scrivere il post. Come farei, se no? E poi, suvvia, mica potevo scomodare Helmut Newton per immortalare il mio povero, umile, piatto di flan di zucchine. Cosicchè, ecco, le semplicissime zucchine, fatte giocare un pò con la cipolla in una padella e passate in forno a chiacchierare con le uova sbattute. Pur non avendo figlioli in tenerissima età, essi non mangiano la verdura proprio volentieri. Un travestimento colorato, in una pirofila ovale e di marca tedesca, e il piatto sopra descritto viene testè divorato con gridolini di giubilo, tacitando anche gli sbrani più feroci e annullando l'avversione a qualsivoglia cibo di colore verde. Che donna diabolica.

24 settembre 2006

Insolito.

Non lasciatevi trarre in inganno. Non sono cannelloni, non sono gambi di sedano. E' una specie di antipasto scopiazzato bellamente da una vecchia copia di Sale & Pepe. Carino l'impatto cromatico. Nella foto sono ancora crudi, perchè temevo di fare brutta figura coi miei ospiti a pranzo, a mettermi lì ad armeggiare con la macchina fotografica, quando una perfetta padrona di casa deve essere sicura che tutto sia a posto, sulla tavola, in frigo, sui fornelli e nel forno. Le cose che vedete sono porri. Avvolti con maestria in delicatissime fettine di prosciutto di Praga, cosparsi di ricotta e di semi di cumino pestati. Naturalmente i porri non vanno consumati crudi, giammai! Prima vanno sbollentati in acqua salata per cinque minuti e poi, prima di sposarli al prosciutto, lasciati raffreddare su un canovaccio. Certo non già un canovaccio qualunque....se ricamato sui toni dei viola, il vostro piatto avrà tutto un altro sapore. Ah, e in forno per mezz'ora, badate bene. Senza canovaccio. Tutto chiaro?

23 settembre 2006

La torta di pesche.


Primo tentativo riuscito di acchiappare l'estate per la coda. Le ultime pesche sono ancora buonissime, perciò, via alla preparazione estemporanea di una simil torta. Alla larga da burro e affini, che verrà abilmente sostituito con 2 vasetti di yogurt alla vaniglia. Ma andiamo con ordine. Si prende una terrina ed ivi si mescoalano, allegramente: appunto, 2 vasetti di yogurt alla vaniglia, una bustina di lievito per dolci, 150 grammi di farina, due cucchiai di zucchero di canna, 1 cucchiaio scarso di cannella e infine 4 uova. Teoricamente, prima i rossi e poi l'albume montato a neve ma ero in ritardo e ho mescolato tutto insieme, così, senza rancore.Ah, beh, certo, le pesche a fettine, come dimenticarle. La colazione di stamattina è stato il banco di prova. Mmmmmmmhhhh, buona, è stato il commento unanime. Provare, in questo week end, magari preprarla da portare in dono agli amici che vi invitano a cena, oppure, consumarla in giubilo e concordia con i parenti della domenica. Mi accorgo di aver dimenticato la dicitura Infornare a 180 gradi Per Circa Mezz'ora, ma mi sembrava ovvio. Quando mai si consumano le torte crude?

21 settembre 2006

Sua Signoria.


Già il colore. Che me la fa amare in maniera incondizionata e comprare, a grappoli sapientemente intrecciati, anche quando non mi serve. Già il suo aspetto, lucido e tondeggiante, che a vederla adagiata in un cestino in cucina, rimanda a immagini campagnole e semplicissime, che mettono allegria. La Cipolla di Tropea, non già una cipolla qualunque, nè bionda nè bianca. Il suo uso è variegato, primo fra tutti la marmellata, da sposare a formaggi e bolliti. L'uso che ne faccio io, ovviamente, è molto, molto più semplice. Un must fra gli amici ai quali ho fatto scoprire questo connubio di una semplicità immane ma di grande effetto, sia cromatico e di gusto. Ingredienti. Cipolla rossa di Tropea e tonno in scatola, di ottima qualità. Fine. Per tirarmela un pochino posso anche descrivere un procedimento alla Jamie Oliver, per capirci. Allora, si trita finemente una cipolla di Tropea e si aggiunge il tonno. Aggiustare di sale, e via. Miserino? Pazienza. Ma provate a prepararlo al volo per un aperitivo improvvisato. Gli oooooohhhhh! di meraviglia si sprecheranno. Un unico accorgimento. Nessun incontro ravvicinato per le seguenti 12 ore. La Cipolla di Tropea, ben lo si sa, è un anticoncezionale naturale. E nulla può il dentifricio.

20 settembre 2006

La minestrina.


E' una mano santa. Santifica, sistema, riscalda e allevia. Fa sentire a casa, al caldo. Personalmente, l'ho eletta rito della domenica sera. Ma nulla vieta di prepararla con attenzione e tutti i sacri crismi, in qualsiasi sera della settimana, semplicemente quando ci viene voglia. Dopo una giornata di sbattimento totale, magari con qualcuno della famiglia che non sta troppo bene, qualche linea di febbre, magari un mal di pancia estemporaneo, ecco che la minestrina appare nella sua veste curatrice e riparatrice. Fa subito sentire meglio. Ingredienti, beh, non sono molti. Aborrite ma in silenzio, la mia minestrina è fatta col dado da brodo, un cucchiaino di burro, 2 foglie di alloro. E i Risoni Barilla. Nessuna minestrina può dirsi tale se preparata con scialbe stelline o altre corbellerie. Qui non si scherza, o Risoni o niente del tutto. Versatile e trasformista la minestrina si trasformerà all'occorrenza in un piatto completo, se sciolto nel suo brodo fumante avrà del formaggio fresco, robiola o caprino, o semplicemente una generosa nevicata di Parmigiano. Sento il bisbigliare...ma come, questa qui ci viene a dare la ricetta della minestrina? L'avevo detto, bellezze, che non era un foodblog come gli altri. E poi, non ditemi che non vi avevo avvertito.

18 settembre 2006

Cioccolata da choc.

Non è tanto la stagione delle cioccolate calde, certo che no. Non ancora, almeno. E poichè sono più astuta di una faina, mi sono portata avanti. Le cioccolate di Whittard of Chelsea fanno infatti parte del mio diabolico piano. In effetti un vero piano non ce l'ho, ma capiteranno pure quelle domeniche noiose, quei pomeriggi di pioggia non quella scrosciante ma quella finissima che cade e cade senza sosta, e magari ci sarà pure la nebbia e farà un freddo polare e nessuno in casa avrà voglia di fare alcunchè se non brasare lentamente sul divano, avviluppato in una copertina di pile con Winnie the Pooh. Se l'immagine raccapricciante non è abbastanza chiara, fa lo stesso. Comunque, nelle summenzionate domeniche, un'oasi di beatitudine è caratterizzata da una merenda improvvisata. E la beatitudine raddoppia se si offre cioccolata e biscottini. E la beatitudine centuplica se si può scegliere tra due lussuriose opzioni. Cioccolata in tazza alla menta o all'arancia. C'è qualcosa di più chic? Speriamo solo che piova presto.

16 settembre 2006

Nero???


Mi piaceva il nome. E la scatola. Non so assolutamente che uso potrò farne, magari mi inventerò qualcosa lì per lì. Certo, non posso fare un riso al burro, sarebbe sprecato. Magari, prosciutto a dadini e piselli. Oppure gamberetti e zucchine. Sconsigliato al nero di seppia. A meno che non sia la stessa tonalità di nero. Ma questo, era ovvio.

Cominciamo bene.


Che cosa bizzarra iniziare un pseudo blog di ricette con qualcosa che non è una ricetta. Infatti, non la è. E' uno yogurt di marca sconosciuta, magro, in vasetto di vetro riciclabile, per esempio, per raccogliere le graffette in ufficio. Compatto, esiste anche al gusto caffè, ciliegia e un paio di altri. Considerando che ho una smodata passione per la cannella, lo yogurt in vetro per il rumore del cucchiaino, e che, non ultimo, non mi ero mai imbattuta in uno yogurt con questi aromi, beh, l'ho comprato. Ed è buonissimo. Magari, proverò a farci la torta allo yogurt. Ecco, questa sì che è una ricetta. Allora, va bene.

15 settembre 2006

Santa Polenta


Nasce Santa Polenta. Blog di cucina non abbastanza serio per essere considerato tale. Piuttosto, una serie di piccoli accorgimenti, suggerimenti e ricette di una banalità rivoltante per cuoche non provette, nemmeno alle prime armi, e forse nemmeno per cuoche. Idolatri del Sofficino, adepti alla Spinacina, questo sito è per voi. Che comprate i preparati per le torte già pronti, quando siete in vena e quando non lo siete, direttamente le torte del Mulino Bianco. Che preparate deliziosi budini con le buste. E l'insalata già tagliata e pulita, qualche volta avreste voluto trovarla già condita. Anche nelle ricette più semplici, nelle non-ricette, in fondo, si può trovare un certo significato profondo, una sorta di sentimento. Perchè, come si dice, l'Amor non è Polenta.