25 ottobre 2007

La torta delle beffe.


A guardarla vien da fare non proprio slurp, ma bleah. E di bleah si tratta. Bleah hanno fatto i miei figlioli quando hanno sollevato il tovagliolo che pietosamente vi avete apposto sopra per celarne la vista e occultarla al loro primo momento di distrazione. Bleah ha fatto la scrivente quando cercando con maestria di togliere il dolce semicrudo da quell'odioso stampo di silicone, che Dio l'abbia in gloria. Ho cercato, disperatamente di darle un aspetto cristiano, umano, quasi, commestibile, normale, insomma. E, beffa delle beffe, non è mica un dolce complicatissimo, di quello che ci vuole la tal farina macinata a pietra, il tal sale di Nonsodove, il tal zucchero del mar dei Caraibi, il tal burro semisalato e semilavorato. Mannò. Fatto sta ed è che l'esotica torta cocco e cioccolato, signori miei, eccola qua, ve la presento, squacciata, spiaccicatissima e semicruda, orrenda nel suo essere intrinseco, il gusto non male, in verità vi dico, ma un delirio da mangiare, col cucchiaino e nelle coppette, se no è il cane che si nutre, dacchè le briciole cadono a destra e a manca, e i miei figli mi dicono No Grazie Mamma Sono Sazio, e se ne vanno con una scusa, Ma Come, tuono io, Non Vi Avevo Insegnato Che non Ci si Alza da Tavola?????? Deh, lasciali andare, donna. Lasciali sciamare festosi verso le loro umile stanzette. E tu, fedifraga, confessa. E io, in ginocchio, confesserò. La torta immortalata quissù è...è...è...una Tentazione Cameo. Una torta pronta. Quelle che sanno fare anche gli scemi. Di quelle che nello spot vengono sfornate dalla mamma appena tornata dalla miniera, o appena sbarcata da Cape Canaveral, ero su Marte, sapete com'è, ma ho ancora voglia di farvi una torta. E quella, la torta, esce fuori sofficissima e buonissima e i bambini se la sbafano belli sereni. Bene, quindi. Sono pronta. Che il castigo divino, meritatissimo, si abbatta pure sul mio capo chino. Così orando, moriva. Con ancora briciole di cioccolato attaccate alle povere vesti.

21 ottobre 2007

Che male c'è.

Oh, insomma, mica staremo qui a fare i puristi, no? A parlare per settimane di funghi, castagne e polenta? Ancora dell'autunno non ne ho voglia, in cucina, dico, anche se ho comprato zucca a tonnellate per quel famoso cake, che ancora non mi decido a fare, essì che il cardamomo ce l'ho, ringraziando la mia Amica e la farina di cocco pure, ma insomma, non ne ho avuto l'ispirazione, che ci vuole, sa? anche per fare una frittata. Così, ragionando bellamente nella mia cucina, domenica mattina che c'è il sole ma una zerda (do you know zerda ?) e siamo pure andate a Messa io e la PrinciGhiacciolo, e volevamo fare una torta ma dopo un'attenta ricerca nel frigo casalingo, niente burro, nemmeno l'ombra. Si sa, in una famiglia dove i grassi van tenuti a debita distanza, un panetto di burro può rappresentare una rarità. Non andiamo tanto per il sottile, deve essere torta? e torta sarà! Riesumata una pesca tardiva, sposata in semplicità a una bella mela rossa, ma che sposa sarà mai se non c'è il velo, meglio se di marmellata, perdipiù d'arance, la mia preferita al mondo. Così, tagliati i frutti a fettine sottili, io metto la pesca e tu metti la mela, per bene, così, ecco inventata la torta della domenica. Semplice e straordinaria, proprio un matrimonio ben riuscito. E se la frolla era di quelle pronte, ma mi dica un pò, contessa cara, che male c'è?

13 ottobre 2007

Do you know cassoeula?


Viene da dire, yes please. In tempi di sushi e sashimi, signora mia bella, le cose più semplici hanno un suono così inusuale e dire, Stasera faccio la Cassoeula risulta, e che glielo dico a fare, piuttosto snob. Così, com'è, come non è, ecco approntarmi per la cena di questa sera, appunto, aiutata dalla Princi che mi ha scattato questa istantanea, spiegandole che, se una vuol proprio essere oca e non trova nessun accessorio, vanno benissimo le foglie più esterne del cavolo verza adoprate alla bisogna in guisa di ventaglio. Il risultato, eccolo qui. Ma la ricetta della cassoeula, detta anche ragò, ma soltanto nella parte più estrema dell'Oltrepadania, da ove io provengo? Ecco, vado tosto ad illustrarvela.
E' un piatto non proprio leggerissimo. Una volta a stagione, si può fare.
Servono le puntine di maiale.
Le carote.
Il sedano.
La cipolla bianca.
Olio.
Il cavolo verza. Che dovrebbe aver preso la prima gelata, ma di questo passo, se avessi aspettato la prima gelata lo avrei cucinato verso febbraio e non andava bene.
Un cucchiaino abbondante di immancabile Saporita.
Che dire del procedimento.
Si piazzano le puntine nel soffritto e, bagnandole vieppiù con del brodo, si fanno cuocere. A dieci minuti dallo spegnimento del tutto si aggiungono con grazia le foglie del cavolo verza, spezzettate a mano, si è raccomandata Mia Mamma, chè tagliarle è un sacrilegio.
Una scuola di pensiero aggiunge un sguincio di superconcentrato di pomodoro e due chiodi di garofano. A piacer vostro.
A me sembrerebbe buono.
Dirovvi la faccia dei commensali, di tutto, tuttissimo rispetto.
E il mio Sposo, vista l'immagine disse Ma Sembri Una Geisha!
Sì. Col cavolo.

11 ottobre 2007

Di ricotta e di pepite.

Beh, la foto non è proprio perfetta, ma ci sto lavorando. Con la mia macchina fotografica Canon Power Shot A460, rosso fragola, da quattordicimilamiliardi di pixel, megapixel, contropixel e cugini dei contropixel, cara signora, posso far concorrenza a Corona. Tornare a Santa Polenta è come tornare a casa, col capo chino, lo ben si intenda, dacchè l'ho così trascurato, fatto promesse pochissimo mantenute, invocato perdoni e cose così. Ma adesso, voilà. Una torta, per cominciare. E col cioccolato, per finire. Senza grassi aggiunti che si dice così spesso, in effetti questo tortino qui non ha nemmeno visto col binocolo nè il panettino del burro nè la bottiglia dell'olio. Ricotta, è la risposta. La ricetta devo avervela già data, di una banalità rivoltante, ma, con l'aggiunta di una conturbate manciatina di pepite di cioccolato. Una rara bontà. E se la fotografia è ancora un pò sfuocata, ma mi dica un pò bene, lei, l'ha mai vista da vicino la prima foto di Corona?
Tutto per 3.
300 di farina, di zucchero e di ricotta.
3 uova.
Le pepite, a piacer vostro, madamigella.
E bentornata a corte.