29 ottobre 2006

Manine.



Prima lezione: impanatura. Oggi l'Infanta si è dedicata con me alla preparazione di un semplicissimo pranzo domenicale. L'impanatura del petto di tacchino, ove nel pangrattato si sia disperso un cucchiaio abbondante di Zà Attar, non è roba per tutti. Questa spezia diabolica conferisce all'avulso tacchino un che di esotico e pizzicoso, ma appena accennato, che lo rende unico nel suo genere. Si aggiunga poi l'amorevole cura posta dall'Infanta nell'espletamento del rito. Impettita e concentrata, facendo attenzione a non fare danni, la minima distrazione avrebbe causato in lei una cocente delusione, conosco i sui geni, e so anche da chi li ha presi, ben perciò. Inutile dirlo, mai tacchino fu più felice di finire impanato da manine tanto deliziose.

Il fusillo.

Un re, in pratica. Il massimo, in fatto di pasta corta. La domenica poi, è un trionfo di fusilli, a casa mia, dato che siamo spesso in 7, a ranghi completi, se non ci sono amici, caso in cui si può diventare 14 o 18 in tutta tranquillità, basta invitare le famiglie giuste. Un piatto di fusilli come questi, Setaro, come è ovvio che sia. Sul condimento ci si può anche permettere qualche divagazione. Considerando che i cinque figlioli che hanno condiviso il nostro umile pasto di quest'oggi, hanno gusti molto diversi tra di loro, ho pensato di fare un piccolo esperimento, rischioso e senza rete, per provare ad accontentarli tutti. Ho fatto la pasta con pomodoro, ricotta e pesto. Non una genialata, si fa abitualmente in tutte le case, ma insomma. era domenica, un pò sballati con questo cambio di ora e di cose complicate, giuro, non ne avevo nessuna voglia. Comunque, hanno gradito. La prossima volta, dividerò il sugo per bene, in modo da formare la bandiera italiana. Troppo patriottico? Beh, aspetterò i prossimi mondiali di calcio.

28 ottobre 2006

Profumo di cavolfiore.



Degli ortaggi è il più noioso. Non proprio profumato. Quando si cucina, sia al vapore, che in pentola a pressione, spande intorno a sè, per tutta la casa, lavanderia e garage compresi, un odore non proprio gradevolissimo. Però, è buono. Lo devo dire, un pò commossa, dato che questa è la prima ricetta seria o giù di lì, che compare su Santa Polenta. Lo devo a chi perde il suo tempo per leggere le mie scellerate ricette. Una ogni tanto, vedete di non abituarvi. Allora, mi aggiusto gli occhiali sul naso, accavallo le gambe e vado a spiegare. Si chiama cake cavolfiore, feta e mandorle. Si compra un cavolfiore, una confezione di feta, meglio alla Lidl, che costa poco ed è buonissima e la Lidl in questo periodo è molto di tendenza. Poi le mandorle, a granella. E 50 grammi di farina, per tenere insieme, e 3 uova. Sarà morbido e buonissimo. Si mescola tutto insieme, si frulla, anche col mio frullatore adolescente. Si mette la carta da forno e si schiaffa tutto all'interno di uno stampo da plum cake. O magari, per fare scena, in quello dei muffins, con pirrottini inclusi. D'effetto. Servire con rucola freschissima. Anche quella delle buste. Apprezzato da tutti. Solo il gatto, che la sa lunga, annusava da lontano...Ai gatti, si sa, il cavolfiore dà allergia.

24 ottobre 2006

Lo scandalo.



Non v'è, ahimè, altro termine. Scandalo, nulla di più. Son qui, che mi diletto in esperimenti culinari, che scelgo per bene le uova, che compro solo olive taggiasche, che scelgo con massima cura il riso, l'olio e la farina, e la polenta Valsugana, che volgarità immane, e cosa mi viene richiesto ad urla, dalla mansarda, luogo di rifugio, di studio, ben temo di struscio in mia assenza, ma questo una madre non lo ammetterà mai, nonchè camera da letto, dei miei figlioli maschi? La torta. Niente di male fin qui. La dolcezza di una madre esemplare passa anche da maniche rimboccate e braccia affondate nella farina, pur di far vivere in letizia i suoi fanciulli. Resta da vedere il genere della torta in oggetto. Una infima, misera, pleberrima (si dice?), industrialissima, globalizzatissima, torta alla yogurt Cameo. Con lo yogurt Muller, specifichiamo, quello che fa l'amore con il sapore. Che cosa deve fare in siffatte circostanze, una madre qualsiasi che si è testè iscritta ad un corso di cucina, e che le si sta schiudendo un mondo tanto vasto quanto meraviglioso? Niente, non deve fare proprio niente. Anzi, sì. Deve fare la torta. Ce n'è ancora una confezione nella dispensa, si fa in cinque minuti scarsi e rende felici un liceale scombinato e un mediano indeciso tra scientifico e classico, in piena crisi adolescenziale ma con uno sguardo che conquista. Detto, fatto. La torta riposa sorniona in frigorifero, ben sistemata in una ciotola Taitù. Se scandalo deve essere, che sia almeno ben apparecchiato. Con grazia, come dire.

18 ottobre 2006

La scoperta dell'aneto.


Che questo non fosse un blog di cucina, lo si era già capito da un bel pezzo. Vi presento il mio nasello di stasera. O meglio, la preparazione del nasello, Sua Signoria ancora non aveva raggiunto la padella, si sa, i naselli, soprattutto in medaglioni, sono ritardatari cronici. Aguzzando la vista si possono notare snelle carotine, candido sedano, ben nascosta una cipolla a fettine sottilissime. E poi...Lui. Quell'erbetta impalpabile, profumata e fino ad ora sconosciuta, molto lieta, si chiama Aneto. L'ho buttato nel carrello, come spesso mi succede, senza ben sapere dove e come lo avrei utilizzato. E stasera, voilà, l'illuminazione. Ho consultato i Sacri Testi, mi sono concentrata ed ho tuffato il mio bel nasello surgelato in questa invitante padella. Che a guardarla bene, è pure bella. Ma quanto è chic l'arancione delle carote con il verdolino del sedano? Beh, carino, certo. Ma un tailleurino così lo troverei un tantino azzardato. Meglio col nasello. E con l'aneto, purchessia.

Voilà, la mousse.



Magistrale interpretazione di un tentativo di cena velocissimo, in ritardo, con una piccola folla di commensali affamati e impazienti. Ingredienti, solo 2, prosciutto e formaggio caprino. Si frulla veloce nel frullatore che, poverino, verrà presto sostituito da un altro, più alla moda, più completo, che, alla bisogna, ti lava anche i vetri. La mia cena di ieri sera, riso in bianco per gli influenzati e mousse di prosciutto spalmata delicatamente su fettine di pane alle noci. E un avanzo di frittata del pranzo. Certo, non sarà una roba da chef, ma dal bacione impiastricciato che ho ricevuto a fine cena, questa sorpresa è stata gradita davvero. Io, soddisfatta. Ma mi sa che, dopo il corso di cucina, dovrò farne uno di fotografia. Ben meglio sarà.

16 ottobre 2006

La cena di venerdì.

Bella. E' andato tutto bene. Cucinato parecchio, ma con sodisfazione, e come si dice, dove c'è gusto non c'è perdenza. Il menù, così composto:

I crostoni con cipolla, capperi e feta così, per primi.
Una bella crema di zucca, così, per seconda, cioè, per primo.
L'arrosto alle spezie, zà attar e cumino che è venuto buonissssssssimo.
Microflan di zucchine, che ho usato la teglia dei muffin e si sono squacciati praticamente subito e sono rimasti attaccati alla teglia. Brutti ma buoni.
Tortino di nocciola con microbudinetto al cioccolato.
Soddisfatta. Rimborsata dai complimenti della mia Ospite che di cucina ci mastica, eccome se ci mastica, e che ti prepara di quelle cene in terrazza con campane annesse che c'è da perderci la testa. Bella serata. La testimonianza che si possono organizzare serate ben riuscite anche con...otto figlioli sparsi per la casa.
Ma, lo ben si intenda, questa cena con mazzi e contromazzi, era la prima, testè organizzata e celebrata come Prima Cena d'Autunno. Le Loro Altezze Reali che non si abituino a cotanta opulenza. La prossima volta, pizza al volo di Pizzò. O, magari, un Big Mac.Perchè no.

13 ottobre 2006

Zà attar. Che roba è?

Il nome è davvero improponibile. Non so neppure in che razza di lingua sia. Certo che me ne sono innamorata. Insostituibile, per chi come me adora curiosare negli scaffali dei cibi etnici, anche se ha una famiglia molto tradizionalista e non molto propensa ad esotici cambiamenti. A piccole dosi, però, si dimostrano, come dire, collaborativi. Come con questa polverina magica, in libera vendita, per carità. E' un insieme di spezie e ingredienti inusuali, quali i ceci, il sesamo, e altre delizie. Ha un sapore che cattura. Dove si colloca? Dove si vuole. Sul petto di pollo al cartoccio, per esempio, ne cancella la tristezza della quale, lo ben si sa, è ben fornito: con questa miscela misteriosa non necessiterà di condimento alcuno. Stasera però, l'ho provato sull'arrosto. Condito con la salsa di soia, questa magica polverina e una cucchiaiata di cumino. Dal profumo sembra ottimo. Vedremo i miei ospiti che cosa diranno. Zà attar. Da imparare a memoria. Anzi, scrivetene dieci righe su un quaderno a quadretti. E in bella scrittura, mi raccomando.

11 ottobre 2006

Complicatissimi.


Una gran fatica. Giorni e giorni di preparazione, di lavoro pazzesco, di scelta accurata di tutti gli ingredienti. Insomma, questi dolcetti sono da fare solo in occasioni più che speciali, che so, visita di prelati, pranzi di matrimonio e affini. Marameo. Sono la quintessenza della banalità e del grande effetto, oltrechè essere buoni, buoni, buoni, da mandare all'aria qualsiasi dieta indefessa, qualsiasi fioretto, qualsiasi tutto. Esporrò con semplicità il semplicissimo procedimento. Ingredienti: cioccolato fondente di straordinaria qualità. Corn flakes di nobile provenienza. Un briciolo di burro ottimo, anche lui, per forza di cose. Si scioglie il cioccolato fondente con il burro, in una ciotola capiente. Se volete, a bagnomaria, se non volete, nel microonde, facendo moooooolta attenzione a non sbagliare i tempi, pena ritrovarvi il cioccolato bello carbonizzato, che non va bene. Si prendono i corn flakes, quelli base, e si mescolano, in tutta scioltezza, al cioccolato fuso. Con una schiumarola, perchè devono rimanere il più possibile interi. Successivamente, si prendono a cucchiaiate, si riempiono i pirrottini, che nome buffo, e si fanno riposare in frigorifero. Fine. Da consumare con una tazza di thè alla vaniglia, magari, da sgranocchiare, in piedi, in un momento di debolezza, da far trovare, discreti, sul piattino della tazzina di caffè. Semplici ma superbi, nella loro assoluta delizia. A fine preparazione, finire con le dita l'impasto tiepidino rimasto attaccato alla ciotola è un piacere cui non rinunciare. Per nulla al mondo.

08 ottobre 2006

Torta a pois.


Non è bellissima? La mia produzione di ieri, sabato pomeriggio, consta in ben 3 torte, 2 dolci e una salata, da portare in dono, domani, agli amici riuniti al Cottage. Due le cose strabilianti: La prima: ho fatto io la frolla, non quelle che si comprano, cara la mia signora, che sanno di cartone, sa? La frolla vera, eccome, con il burro, quella da lasciar riposare per 30 minuti in frigorifero. E poi, l'ho riempita di una cremina di ricotta e cioccolato, che solo a rimescolarla saliva un profumino paradisiaco. La seconda è che non l'ho neppure assaggiata. Se una pesta in palestra e nuota e nuota e và in bici nell'acqua come un'ossessa e si sfonda di passato di verdura insapore, può mica mandar tutto a gambe all'aria per una fetta di torta, no? Stoicamente, resistetti. E' una crostata, più o meno. Non ci sono le striscioline perchè non le so fare, o meglio, mi vengono brutte e sghembe e più che una crostata sembra la grata di una finestra della Bastiglia, e poi, mistero....Chi mi ha nascosto il mattarello?

04 ottobre 2006

Il passato di verdura.


Il passato di verdura. Quello delle diete. Quello che fa fare bleah a un grande numero di bambini. Quello che, se hai un nuovo Minipimer e non sei tanto avvezza all'attrezzo, per frullarlo lo sparpagli schizzando qua e là in cucina, dietro i barattoli, sul lavandino e allora ti chiedi ma perchè mai il passato di verdura si debba passare: non si potrebbe lasciare in tutta scioltezza i sedani, le carote e compagnia cantando belli interi come sono? Ma certo che non si può, sciocca fanciulla, quello è il minestrone. Personalmente il mio passato di verdura non è quasi mai surgelato. Giacchè fa schifo di suo, preferisco che sia fresco, già tagliato e pulito, che almeno mi sollevo dall'impegno di sbucciare e tritare. Lo cuocio in tempo variabile, qualche volta me lo dimentico anche per più di mezz'ora, ma chi se ne accorge, tanto? Ci metto un pò di sale, da che qualcuno mi ha detto che i dadi si fanno in casa con le verdure fresche e che io non ho ancora avuto il tempo di fare ma giuro, farò, ho buttato tutto e uso solo il sale. Normale. Ma poi mi hanno spiegato, scusa, ma tu usi il sale normale? Sì. Che volgarità. Il Fior di Sale, bellezza,il Fior-di-Sa-le!!!!Così, demoliscono i capisaldi della mia raffinata cucina. E io, la minestrina, la domenica sera, con che cosa la farò mai? Mi sa che questi blog di cucina mi fanno più male che bene. Ma li adoro, che devo fare?

02 ottobre 2006

Stupefacente.


Non si trova dappertutto. Anzi, per esempio, all'Esselunga non c'è. E' quello che si dice, una tradizione di famiglia. Mia nonna la usava tantissimo, in ogni suo piatto e il suo profumo mi ricorda, chissà perchè, la domenica mattina. E' un misto di spezie, che aggiungo per esempio al mio famoso ragù, per profumarlo e insaporirlo. Certo, non è una scoperta sensazionale, ma questo mix di coriandolo, cannella,anice stellato e noce moscata, è un vero sortilegio anche per l'avulso Petto di Pollo ai ferri, che, diciamocela tutta, è totalmente privo di qualsivoglia sapore. Ecco, la bustina della Saporita, peso netto grammi 8, costo intorno ai 65 cent, sarà presto una star nelle vostre sofisticate cucine. E poi, particolare non trascurabile, dà un bel profumo a tutta la dispensa. Ah, dimenticavo. Non fatevi ingannare dalla dicitura. La Saporita non si sniffa. Beh, si può sempre provare, però...